29 marzo 2024
Aggiornato 10:00
Per il gip della Corte dei Conti «la mafia è un'altra cosa»

Libera: a Roma la mafia esiste e va denunciata

Qualche giorno fa, davanti ad una platea di adolescenti, il gip Salvatore Nottola affermava che quella di Roma non è mafia, ma solo una «combriccola di delinquenti», smontando così un'inchiesta letale come 'Mondo di Mezzo' e il lavoro articolato delle associazioni sul territorio. A rispondere è un esponente di Libera: «Sono profonde le radici del fenomeno mafioso a Roma».

ROMA«Siamo in una città che ancora non ha generato anticorpi sufficienti per opporsi ed arginare i fenomeni mafiosi. E proprio per questo oggi Libera lancerà un appello alla denuncia». Così Marco Genovese – referente del territorio romano di Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie – commenta le parole del procuratore Salvatore Nottola, secondo cui le organizzazioni malavitose che operano su Roma non sarebbero riconducibili alla mafia.

LA MAFIA ESISTE, ANCHE A ROMA - «Già nella relazione Chiaromonte della commissione antimafia del 1991 – spiega Genovese – si chiarisce come la criminalità organizzata di stampo mafioso abbia potuto operare sul territorio romano e radicarsi. Sono quindi profonde le radici dei fenomeni che oggi trovano riscontro non solo nelle operazioni delle Forze dell'ordine, ma sono confermate da importanti sentenze, come quella al clan Fasciani di Ostia, e come i primi riscontri in sede di Riesame, per quel che riguarda l'inchiesta 'Mondo di Mezzo'», conclude il referente di Libera.

IL GIP E LA COMBRICCOLA DI DELINQUENTI«La mafia romana è un'altra cosa. È una combriccola di delinquenti di matrice a volte politica, a volte semplicemente delinquenziale». Parlare in questi termini a una platea di giovani studenti romani non significa propriamente educare alla legalità. Eppure era questo l'intento della giornata: l'educazione alla cultura della legalità e alla lotta alla corruzione. Le parole sono state pronunciate dal procuratore generale della Corte dei Conti Salvatore Nottola e l'occasione era un incontro con gli studenti dell'istituto tecnico romano di Tor Sapienza Giovanni XXIII.

«LA MAFIA E' UN'ALTRA COSA»«Secondo me – continua il gip –, quando si parla di mafia, si fa un errore. C'è un'improprietà di linguaggio. La mafia è un'altra cosa». Come se quella denominazione lì, «Mafia capitale» fosse stata un po' azzardata, impropria. Ad avallare la tesi, altre spiegazioni, che, esaustivamente, illustrano il pensiero del procuratore: «Sarebbe pericoloso definire qualunque cosa mafia – continua – si toglie il significato, la potenzialità pericolosa del fenomeno mafioso vero e proprio, che poggia su altre basi. Quella siciliana sul collegamento fra le persone, sulla gerarchia, sulla consuetudine antica. La 'ndrangheta, invece, si costruisce sull'alleanza delle famiglie e così via. La mafia romana è un'altra cosa».

I «FATTI ACCIDENTALI» DI MAFIA CAPITALE - Non poteva mancare il riferimento alla maxi inchiesta che ha scombussolato la capitale, ma che, sorprendentemente, pare già finita nel dimenticatoio. Secondo Salvatore Nottola, 'Mafia capitale' sarebbe il risultato di coincidenze: «Che poi ci siano dei collegamenti e delle alleanze episodiche tra questi fenomeni e personaggi mafiosi, è un altro discorso», sottolinea il gip. I fatti che hanno visto coinvolti Massimo Carminati e Salvatore Buzzi «sono fatti accidentali – secondo il procuratore generale della Corte dei Conti –. Ma la natura di questo fenomeno romano è ben altra, quindi va distrutta molto più facilmente».

LA MAFIA DEI COLLETTI BIANCHI - Ridotta a nulla, l'operazione che ha portato alla luce una rete intricata e complessa di malavita organizzata sul territorio della Capitale sembra uscirne fuori schiacciata e minimizzata, tra l'accidentale e l'esagerazione. Mesi di indagini, una cupola che muoveva le redini degli affari della città e un procuratore generale che cancella tutto in un attimo, con un colpo di spugna. Non è il metodo d'azione che fa il mafioso tale, ma l'azione stessa. Che su Roma non ci siano gli spargimenti di sangue di Cosa nostra o le faide delle 'ndrine calabresi non significa che quella sulla Capitale non sia una organizzazione mafiosa. Non è la mafia che uccide, è la mafia che fa affari. È la mafia dei colletti bianchi, quella della ragnatela del business. È la mafia degli appalti. E a dimostrarlo le indagini, che svelano la fitta trama di accordi e mazzette, promesse e pacche sulla spalla: le imprese coinvolte, i politici e gli uomini d'affare compromessi evidenziano la natura dell'organizzazione. Il livello di corruzione che infesta l'amministrazione della città, sino ai livelli più alti, sino al Campidoglio è chiara dimostrazione di una metamorfosi della forma mafiosa, che, nell'essenza resta la stessa.

LA MAFIA MADE IN ROME - Il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, il 2 dicembre scorso, nei momenti subito successivi agli arresti dell'operazione Mondo di Mezzo, affermava: «Nella Capitale non c'è un'unica organizzazione mafiosa, ma ce ne sono diverse. Oggi abbiamo individuato 'Mafia capitale', romana e originale, senza legame con altre organizzazioni meridionali, di cui però usa il metodo mafioso». Dichiarazione che discorda non poco con quanto affermato da Nottola davanti agli studenti di Roma. E a stridere ancor più sono i fatti. Nemmeno ventiquattrore dopo, infatti, la storica sentenza Fasciani ha visto la condanna dei membri del clan che operava a Ostia e, per la prima volta, è stata riconosciuta l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso a Roma.