28 maggio 2023
Aggiornato 13:30
Riforme allo sbaraglio

Pd: cosa bolle in pentola

La Serracchiani invita gli esponenti del M5s a mettere da parte gli insulti e a collaborare col governo; la Ginetti si scaglia contro chi rallenta la macchina delle riforme; Fornaro auspica una (seconda) Camera delle Regioni. Intanto il confronto col M5s si fa sempre più difficile.

ROMA - Tutto in salita lo scontro tra Pd e M5s sulla legge elettorale. Luigi Di Maio e Danilo Toninelli hanno presentato al Pd i loro punti irrinunciabili, tra i quali le preferenze, ma si sono trovati di fronte alla replica di Debora Serracchiani, vicesegretario Pd, che ha chiesto di chiarire prima se M5s è disponibile ad un premio che garantisca la governabilità oppure no. Il Pd, infatti, ritiene insufficiente un premio che porti solo al 52% dei seggi il vincitore, e ritiene che sia necessario arrivare al 55%, mentre i grillini replicano: «Ammesso che si trovi un accordo sulla governabilità, siete disposti ad accettare le preferenze?». Ribatte ancora la Serracchiani: «Non possiamo fare un mercimonio sulla legge elettorale...".

Serracchiani: Siamo pronti a collaborare

Ai microfoni di Youdem l'intervento di Debora Serracchiani è stato quantomeno deciso: «Il M5s è uscito dal suo splendido isolamento. Bene, noi ci siamo. Mettano da parte gli insulti e inizino a discutere delle riforme che servono all'Italia per ripartire".

«Per noi - ha spiegato - sono fondamentali il superamento del bicameralismo perfetto, la chiarezza del riparto di competenze tra Stato e Regioni e la governabilità per il Paese. E' una questione di responsabilità, da parte di tutti". Alla voce della Serracchiani si susseguono quelle di altri esponenti del Pd, che dicono la loro sugli emendamenti e le riforme.

Ginetti: fuori chi rallenta le riforme

Nonostante le critiche che piovono a valanga dal M5s, la senatrice Nadia Ginetti, componente della direzione Pd, è a favore di una rapida riforma della Carta: «Di fronte all'urgenza del premier Renzi, chi si oppone alle riforme costituzionali rischia di provocare la palude ed il rinvio sine die. Chi difende il Senato elettivo - sottolinea la parlamentare - usa argomenti intollerabili nei confronti dei sindaci e dei consiglieri regionali invitati a rimanere 'amministratori'", conclude la senatrice Ginetti.

I senatori del Pd, Federico Fornaro e Carlo Pegorer aprono spiragli di dialogo anche in seno al partito, ma rifiutano le demonizzazioni: «E' assolutamente legittimo non essere d'accordo sulla scelta di un Senato non più eletto dai cittadini. Con altri senatori abbiamo presentato in Commissione emendamenti per un elezione di secondo grado sul modello del Senato francese, in cui votano i consiglieri comunali, i sindaci e i deputati. Quello che non è accettabile, però, è la demonizzazione della riforma del Senato con elezione indiretta che abbiamo letto e ascoltato nel dibattito in aula in questi giorni, con richiami al disegno piduista di Licio Gelli, fino a evocare addirittura un attacco alla libertà e alla democrazia".

Fornaro: sì a una Camera delle Regioni

«Il superamento del 'bicameralismo perfetto' e la riduzione del numero dei parlamentari - proseguono i due senatori democratici - infatti, sono stati da sempre due assi portanti della riforma costituzionale della sinistra riformista, ritrovabili già nel programma del primo Ulivo di Prodi. La realizzazione di un sistema di ispirazione federale richiede un cambiamento della struttura del Parlamento. Il Senato dovrà essere trasformato in una Camera delle Regioni, composta da esponenti delle istituzioni regionali che conservino le cariche locali e possano quindi esprimere il punto di vista e le esigenze della regione di provenienza. Il numero dei Senatori (che devono essere e restare esponenti delle istituzioni regionali) dipenderà dalla popolazione delle Regioni stesse, con correttivi idonei a garantire le Regioni più piccole. I poteri della Camera delle Regioni saranno diversi da quelli dell'attuale Senato, che oggi semplicemente duplica quelli della Camera dei Deputati".

Mirabelli: Questo è il tempo delle riforme

Il senatore Franco Mirabelli risponde alle accuse mosse al Pd da parte del M5s, che ritiene machiavellica la modalità con cui il governo cerca di distrarre i cittadini dai problemi reali del paese col dibattito per le riforme: «Ricordo a tutti che come Pd abbiamo fatto campagna elettorale, prima per le politiche e poi per le europee, impegnandoci con gli italiani a cambiare una parte del sistema istituzionale e a riformare la Parte II della Costituzione. Il nostro progetto riformatore, sul quale abbiamo chiesto il voto, comprendeva anche il superamento del bicameralismo perfetto e la creazione di un Senato rappresentativo delle Regioni e delle autonomie locali. Dunque, chi sostiene che la discussione in corso è un capriccio, improvvisamente messo in campo dal Governo per una strana vocazione autoritaria, un'arma di distrazione di massa, non ha ragione", sostiene il senatore. 

«Non è una volontà decisionista dire - ha poi proseguito Mirabelli - che questo è il tempo, non ne avremo altro per fare le riforme. In questo Paese la democrazia non è messa in pericolo dalle riforme costituzionali, ma sarà in pericolo se non si faranno le riforme. Ai gruppi di Sel e di M5s dico: la nostra democrazia non è in salute. La distanza tra politica e cittadini, la perdita di credibilità delle istituzioni, la sfiducia che la crisi ha aggravato: sono questi i rischi che corre la nostra democrazia. E a questo servono le riforme. Il testo licenziato dalla Commissione è largamente condivisibile e può essere migliorato sul referendum e sull'elezione del Presidente della Repubblica, per questo ho firmato l'emendamento Gotor. Ma il tempo delle riforme è arrivato".