19 agosto 2025
Aggiornato 01:00
Usura

Prestito di 50mila euro diventa debito da 750mila, un arresto

Un prestito contratto nel 2005 di 50mila euro si è trasformato, nel 2011, in un debito di 750mila euro. Denaro che la vittima era stata costretta a versare anche perché gli era stato prospettato che i soldi provenissero direttamente dal boss dei Casalesi, Michele Zagaria, all'epoca dei fatti latitante

NAPOLI - Un prestito contratto nel 2005 di 50mila euro si è trasformato, nel 2011, in un debito di 750mila euro. Denaro che la vittima era stata costretta a versare anche perché gli era stato prospettato che i soldi provenissero direttamente dal boss dei Casalesi, Michele Zagaria, all'epoca dei fatti latitante. Con l'accusa di usura, estorsione e calunnia, reati aggravati dalla metodologia mafiosa, è finito in carcere un imprenditore agricolo, 62enne, Fernando Cantile. Il provvedimento cautelare, è stato eseguito dagli agenti della squadra mobile di Caserta a conclusione di una indagine coordinata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere.

Le investigazioni sono iniziate dopo una serie di denunce presentate dal titolare di una impresa bufalina di Villa Literno che aveva raccontato di subire continue minacce da parte dell'indagato che pretendeva il pagamento di interessi usurai pari al 10% mensile per un debito contratto nel 2005. Nel corso degli anni, nonostante il capitale iniziale fosse stato ampiamente restituito, la vittima era stata anche costretta ad acquistare, a un prezzo esorbitante, centinaia di capi bufalini che aveva poi dovuto abbattere perché ammalati o vecchi.
L'imprenditore era stato anche spinto con le minacce a sottoscrivere delle scritture private che prevedevano la cessione della sua azienda agricola e a concedere, a titolo gratuito, a Cantile, la possibilità di coltivare i terreni annessi alla sua azienda per poter rientrare delle spese pretese dall'indagato.

Cantile, venuto a conoscenza delle indagini a suo carico, si era anche spinto ad accusare falsamente l'imprenditore. Con una serie di denunce aveva riferito di subire minacce e truffe, motivo per il quale è indagato anche per calunnia. Il Tribunale sammaritano, dopo aver analizzato gli elementi raccolti, pur dichiarandosi incompetente e disponendo la trasmissione degli atti alla Procura antimafia di Napoli, ha disposto la misura cautelare in carcere riconoscendo il pericolo di reiterazione del reato da parte dell'indagato.