2 ottobre 2025
Aggiornato 13:30
Privatizzazioni aziende pubbliche

Confindustria apprezza il piano del governo

Il vicepresidente degli industriali Regina: «Guardiamo con favore all'iniziativa. Dal 2015 quando entrerà in vigore il fiscal compact noi dovremo diminuire il debito di almeno 4 punti di Pil»

ROMA - Confindustria «guarda con favore al piano di privatizzazioni» allo studio del governo, «anche perché tutti dimentichiamo che dal 2015 quando entrerà in vigore il fiscal compact noi dovremo diminuire il debito pubblico di almeno 4 punti di Pil, e l'unica possibilità seria di poterlo fare in maniera incisiva è un piano di dismissioni importante di aziende pubbliche, in particolare quelle quotate, le più semplici sulle quali operare». Ad affermarlo il vicepresidente di Confindustria, Aurelio Regina, ospite de L'Economia prima di tutto su Radio1 Rai.

«Gli imprenditori italiani sono pronti a cogliere le occasioni che le privatizzazioni potrebbero aprire o in campo arriverebbero solo acquirenti stranieri? I 'gioielli' italiani finirebbero ulteriormente in mani estere?», hanno domandato a Regina, che ha risposto: «Difficile dirlo, le nostre forme di capitalismo non sono particolarmente moderne, quindi il rischio che ciò che viene ceduto dallo Stato finisca sotto controllo di società e investitori esteri c'è; però credo che l'importante sia non la priorità ma il ruolo da regolatore dello Stato».

Poi il vicepresidente degli industriali ha ricordato la richiesta di modificare in profondità la legge di stabilità, dicendo no all'ipotesi di tasse patrimoniali per trovare risorse aggiuntive per rafforzare il taglio del cuneo fiscale, ipotesi rilanciata nei giorni scorsi con un intervento dell'imprenditore Carlo De Benedetti: «In un Paese in cui la pressione fiscale ha raggiunto limiti insopportabili, sia sul lavoro, sia sulle imprese e sui redditi delle persone, credo che parlare di ulteriori tasse sia un ulteriore sacrilegio. Il governo ha la responsabilità di operare scelte in una logica di sviluppo, e questa finanziaria purtroppo non lo fa. E invece ce n'è grande necessità perché la crisi è profonda e grave. Servono scelte incisive, non certo come quelle della legge di stabilità che pur tracciando obiettivi condivisibili lo fa in maniera del tutto inefficiente e insostenibile».