E' ufficiale: per Alfano, Lorenzin, De Girolamo, Lupi e Quagliriello «dimissioni irrevocabili»
I ministri del Pdl hanno aperto di fatto la crisi dell'esecutivo Letta. I 5 hanno però precisato che con loro «il metodo Boffo non funzionerà». Parole polemiche anche contro «i cattivi consiglieri» del Cavaliere
ROMA - A Palazzo Chigi «sono pervenute le dimissioni irrevocabili dei ministri Angelino Alfano, Nunzia De Girolamo, Beatrice Lorenzin, Maurizio Lupi, Gaetano Quagliariello», ha riferito la presidenza del Consiglio in una nota.
CON NOI METODO BOFFO NON FUNZIONA - I 5 ministri hanno annunciato le loro dimissioni due giorni fa, dopo l'intervento con cui Silvio Berlusconi ha aperto di fatto la crisi di governo con l'uscita della delegazione di governo del Popolo della libertà (Pdl). Poi i loro primi distinguo sulla linea scelta dal leader Pdl, fino ad una nota congiunta firmata il 30 settembre: con noi «il metodo Boffo non funzionerà», hanno messo nero su bianco per dire al direttore del Giornale che: «Se pensa di intimidire noi e il libero confronto dentro il nostro movimento politico si sbaglia di grosso».
NESSUNA CASA A MONTECARLO - «E' bene dire subito al direttore de Il Giornale, per il riguardo che abbiamo per la testata che dirige e una volta letto il suo articolo di fondo di oggi, che noi non abbiamo paura. Se pensa di intimidire noi e il libero confronto dentro il nostro movimento politico si sbaglia di grosso. Se il metodo Boffo forse ha funzionato con qualcuno, non funzionerà con noi che eravamo accanto a Berlusconi quando il direttore del Giornale lavorava nella redazione che divulgò informazioni di garanzia al nostro presidente, durante il G7 di Napoli nel 1994. Se intende impaurirci - hanno aggiunto ad una voce Alfano, Maurizio Lupi, Gaetano Quagliariello, Nunzia De Girolamo e Beatrice Lorenzin - con il paragone a Gianfranco Fini, sappia che non avrà case a Montecarlo su cui costruire campagne».
LORENZIN, RESTO MA NO A ESTREMISMI - «Non lascio il mio partito, ma non sono disposta a stare in una formazione guidata da estremisti contrari allo spirito e alle idee che abbiamo professato in questi 19 anni». Così il ministro della Salute Lorenzin, che ha continuato: «No a un partito Alba Dorata. E' possibile essere berlusconiani senza mandare il cervello all'ammasso», variazione del «diversamente berlusconiano» propugnato dal segretario Pdl Angelino Alfano.
BERLUSCONIANA SENZA CERVELLO ALL'AMMASSO - «Io sono tra i più berlusconiani del Pdl. Sono entrata in Forza Italia nel 1996, a 25 anni, e lì sono sempre rimasta: posso dire che tutta la mia vita adulta è attraversata dal partito», ha detto Lorenzin intervistata dal Corriere della Sera. «In questo momento drammaticissimo sono vicina a Silvio Berlusconi e difendo la sua posizione. La Storia giudicherà quello che gli stanno facendo. Però domando: è possibile essere berlusconiani senza mandare il cervello all'ammasso?»
«Mi è stato chiesto di dimettermi da ministro della Salute, e così ho fatto, come atto di lealtà. A questo punto posso esprimere il mio giudizio politico su quei consiglieri di Berlusconi che hanno spinto alle dimissioni duecento parlamentari e poi, mentre il capogruppo annunciava alla Camera il nostro sostegno al governo e senza neppure una telefonata, ci hanno detto di lasciare i dicasteri. Denis Verdni, Daniela Santanché, Daniele Capezzone e Sandro Bondi non rappresentano i valori delle origini di Forza Italia. Rappresentano la minoranza della minoranza... E io non ci sto».
NO AD ALBA DORATA - Le dimissioni, ha insistito durissima Lorenzin, sono un errore: «Prima si sarebbe potuto e dovuto convocare una direzione nazionale, un'assemblea... Ma le persone che in questo momento stanno tenendo in mano il partito non sono attrezzate culturalmente per guidarlo. Berlusconi sta vivendo il terribile dramma di essere accerchiato. La responsabilità non è sua, ma di quei consiglieri politici. Non può accettare l'idea di un partito alla Alba Dorata che considera traditori chi la pensa diversamente. Intendo battermi perché nel mio partito ci sia spazio per i moderati, per quanti si riconoscono nei popolari europei. E ci sono poche ore per decidere quale strada prendere. Mi aspetto che il segretario riprenda il governo del partito. Il Cavaliere per vent'anni ha tenuto insieme le diverse anime del partito: non si può pensare a un futuro del centrodestra senza Berlusconi. Chi ha tentato ha fallito».
LUPI, STRADA SBAGLIATA, RESTANO 3 GIORNI - «Abbiamo ancora due-tre giorni di tempo per usare la forza delle nostre proposte e continuare a far lavorare questo governo con un rinnovato programma», così l'onorevole Lupi al Corriere della Sera. Dimissionario da ministro dei Trasporti sì, ma fra i dissidenti del Pdl, non ha fatto mistero di ritenere che Silvio Berlusconi ordinando l'uscita dei ministri Pdl dall'esecutivo sia stato fuorviato dai «cattivi consiglieri. Penso sia giusto e doveroso dire che la strada che abbiamo imboccata è sbagliata».
NON SI FA BENE DI PAESE - «La serietà in politica è una cosa importante. Siamo stati nominati dal presidente Berlusconi in un governo politico per un momento eccezionale e se il nostro leader ci chiede di dimetterci, serietà ci impone di farlo. Così non si fa il bene del Paese. In questo momento stiamo rilanciando Forza Italia (Fi)» ma c'è il rischio «che Fi diventi un partito estremista, che urla, strepita, insulta le istituzioni e mette in secondo piano il bene del Paese».
CAVALIERE HA CATTIVI CONSIGLIERI - Lupi ha previsto questo iter: «Il gesto delle nostre dimissioni può essere una grande opportunità per chiarirci all'interno del partito. Sono stati convocati i gruppi parlamentari e decideremo con i gruppi e con il presidente Berlusconi la linea che Forza Italia dovrà tenere. Anche il segretario Alfano ha spiegato che si può essere diversamente berlusconiani. Il problema sono i cattivi consiglieri che stanno intorno al presidente, che sono estremisti e non rappresentano l'identità di Forza Italia».
Tuttavia «Berlusconi ha sempre fatto la sintesi ed è il nostro punto di unità. Dobbiamo discutere insieme e lavorare su tre punti: cosa sarà di Forza Italia, come riequilibrare i poteri della magistratura e come difendere la storia e dignità del leader del centro destra ingiustamente condannato e da anni vittima di una persecuzione giudiziaria. Dobbiamo domandarci se il governo Letta fortemente voluto da noi ha concluso la sua azione a favore delle famiglie, delle imprese e dei cittadini», ha proseguito Lupi.
QUAGLIARIELLO, A FALLO NON SI RISPONDE CON TESTATA - «Io ho espresso più una forte opposizione alla decisione di far dimettere i nostri parlamentari. E' vero che era un fatto simbolico e soprattutto un fallo di reazione, perché per prima ha sbagliato la sinistra, ma ad un fallo non si risponde con una testata sennò si perdono le partite». Lo ha detto Gaetano Quagliariello, ministro dimissionario per le riforme, a La telefonata.
«Credo che quello sia stata la madre di tutti gli errori, da cui siano discesi tutti gli altri. Penso che siano state fatte le cose un po' affrettatamente, ma prima di sganciare l'atomica bisognava fare una serie di passi».
SETTIMANA DI ORDINARIA FOLLIA - Alla riunione dei gruppi del Pdl: «Discuteremo - ha detto Quagliariello - spero a volto scoperto, apertamente su che cosa è meglio fare in questo situazione. Il presidente del Consiglio si è assunto la responsabilità di bloccare l'iniziativa del governo, non votando l'Iva, fino a quando non si fosse chiarita la situazione della base parlamentare del suo governo. Su quel consiglio dei ministri c'era un'ipoteca, le dimissioni presentate di 200 parlamentari, e c'erano pure ministri del centrodestra che rimanevano ministri che non erano più parlamentari. Eravamo in una specie di teatro dell'assurdo, diciamo la verità, abbiamo avuto una settimana di ordinaria follia. Cerchiamoci di non andare oltre. Fermiamoci e cerchiamo di capire come legare le sorti del nostro paese a una vicenda insopportabile da un punto di vista giudiziario che ha colpito Silvio Berlusconi».
NIENTE FI, STO IN PDL - «Io credo che in questo momento bisogna lavorare. Io personalmente resto dove sto, resto nel centrodestra, resto nel Pdl. Se Fi, il nuovo partito che si immagina, fosse quella dell'ultima settimana, non sarebbe la mia Fi, io non aderirei. Io resto nel gruppo dove sto», ha detto il ministro dimissionario per le riforme.