29 marzo 2024
Aggiornato 07:00
Giustizia | Caso Cucchi

«Stefano Cucchi morì per malnutrizione»

La «causa mortis» per Stefano Cucchi è la «sindrome da inanizione». I giudici della Corte d'assise di Roma lo sottolineano nelle motivazioni della sentenza emessa il 5 giugno scorso con la quale sono stati condannati 6 medici per omicidio colposo

ROMA - La «causa mortis» per Stefano Cucchi è la «sindrome da inanizione». I giudici della Corte d'assise di Roma lo sottolineano nelle motivazioni della sentenza emessa il 5 giugno scorso con la quale sono stati condannati 6 medici per omicidio colposo e fatto cadere le accuse nei confronti di tre agenti della polizia penitenziaria e di 3 infermieri. Secondo i magistrati, che oggi hanno depositato il documento di 170 pagine, vale quanto accertato dai periti: «La sindrome di inanizione è in grado di fornire una spiegazione dell'elemento più appariscente e singolare del caso in esame e cioè l'impressionante dimagrimento cui è andato incontro Cucchi nel corso del suo ricovero» nel padiglione carcerario dell'ospedale Sandro Pertini.

Cucchi morì il 22 ottobre ad una settimana dal suo arresto per spaccio di sostanze stupefacenti. Secondo la corte non sono convincenti - spiegano - le conclusioni dei consulenti tecnici della parte civile per cui il decesso «si sarebbe verificato a causa delle lesioni vertebrali che, interessando terminazioni nervose, avrebbero dato origine ad una sintomatologia dolorosa e che, unitamente ad una 'vescica neurologica', avrebbero ingenerato, con riflesso vagale, l'aritmia cardiaca» che si sarebbe a sua volta inserita causalmente nel determinismo della morte. Anche questa tesi - spiegano i giudici - presta il fianco all'insuperabile rilievo che non vi è prova scientifico fattuale che le lesioni vertebrali in questione abbiano interessato terminazioni nervose.

Legittimo dubbio su pestaggio dai Carabinieri - «E' legittimo il dubbio che Cucchi, arrestato con gli occhi lividi, e che lamentava di avere dolore, fosse già stato malmenato dai carabinieri. Non è certamente compito della Corte indicare chi dei numerosi carabinieri che quella notte erano entrati in contatto con Cucchi avesse alzato le mani su di lui, e tuttavia sono le stesse dichiarazioni dei carabinieri che non escludono la possibilità di prospettare una ricostruzione dei fatti diversa da quella esternata da Samura Yaya», il suspertestimone che riferì di aver sentito un pestaggio nelle celle del tribunale di Roma, dove Cucchi era tenuto in attesa del trasferimento in carcere prima e dopo la convalida del suo arresto. I giudici della corte d'assise, nelle motivazioni della sentenza spiegano più avanti: «E' indubitabile che nulla di anomalo si è verificato al momento dell'arresto e fino alla perquisizione domiciliare, come riferito da entrambi i genitori».