Franceschini: Non ci sarà una «Lista Monti»
Il capogruppo del PD: «Non ho ancora capito se sarà una lista, un movimento oppure un vero partito ma quello che ho capito è che adesso dobbiamo fare di tutto per iniziare da subito un percorso comune con la realtà politica che sabato prossimo nascerà a Roma con Luca Cordero di Montezemolo»
ROMA - «Non ho ancora capito se sarà una lista, un movimento oppure un vero partito ma quello che ho capito è che adesso dobbiamo fare di tutto per iniziare da subito un percorso comune con la realtà politica che sabato prossimo nascerà a Roma con Luca Cordero di Montezemolo, Andrea Riccardi, Raffaele Bonanni e Andrea Olivero». Lo afferma Dario Franceschini sul 'Foglio'.
Il capogruppo del Pd esclude inoltre la nascita di una lista Monti: «Per il tipo di mandato che ha accettato di fare - dice - credo che Monti non lascerà mai nascere una lista che porta il suo nome e al massimo accetterà che nasca un'area politica che si ispira alla sua esperienza - cosa che oggettivamente non può certo impedire. Detto questo l'ipotesi di un Monti bis non mi sembra che possa esistere». Tornando all'alleanza tra centrosinistra e moderati, Franceschini, anche alla luce dei ripetuti no di Casini, sottolinea che a questo punto «il patto tra progressisti e moderati non può essere inteso solo come patto esclusivo tra il centrosinistra e Casini, è ovvio. Da oggi, per noi, ci sono anche altri interlocutori importanti, e dato che questi interlocutori per i progressisti possono essere alleati preziosi per presentarci alle elezioni con uno schieramento ancora più competitivo rispetto a quello di cui disponiamo già, noi adesso vorremo dialogare con loro».
«Le nostre proiezioni - confessa Franceschini - ci dicono che con la coalizione di cui disponiamo, e senza dunque l'appoggio dei moderati, oggi avremmo difficoltà a raggiungere la soglia necessaria per la governabilità, ed è per questo che dico con affetto a Casini che il tema delle alleanze non lo si può porre dopo le elezioni, ma lo si deve porre prima: perchè senza raggiungere il quaranta per cento non è che si creano le condizioni per un altro governo Monti, ma si creano semplicemente le condizioni per arrivare al collasso e finire come la Grecia».
Chiti: Election day? Da Alfano cinico interesse parte - «L'onorevole Alfano avanza la richiesta dell'election day motivandola con un appello al risparmio di cento milioni di euro e al bene del paese rispetto alla crisi che lo colpisce. Ritengo, quando sia possibile, che l'election day sia auspicabile. In questo caso però da un lato ci sono tre Regioni di fatto bloccate e incapaci di agire nell'interesse dei loro cittadini e con il rischio di perdere importanti finanziamenti europei. E' un prezzo che non ci possiamo permettere. Dall'altro è ancora in corso il confronto al Senato sulla legge elettorale e alcuni partiti - Pdl in testa - pretendono una legge peggiore di quella greca, così da impedire ai cittadini di determinare con il loro voto la possibilità di maggioranze e di governi stabili». Lo afferma il vice presidente del Senato Vannino Chiti.
«In realtà ciò che muove l'onorevole Alfano è un interesse di parte, il timore di ripetute sconfitte: posto così è comprensibile e dal suo punto di vista legittimo. Ciò che è davvero cinico è presentare questa richiesta rivestendola di una sorta di istanza quasi morale a beneficio del paese: Alfano si dimentica che, lui ministro, il governo Berlusconi-Bossi-Tremonti negò ripetutamente l'election day in occasione di referendum quali quello del 2011 sul nucleare e l'acqua pubblica e quello del 2009 sulla legge elettorale. Forse in quegli anni non c'era la crisi? certo i governi di destra la sottovalutarono portando l'Italia sull'orlo del baratro, ma per i cittadini la crisi c'era e l'euro valeva quanto oggi».