19 aprile 2024
Aggiornato 03:30
Pdl in pressing sulla Lega Nord

Formigoni: Dimissioni per votare subito

Al voto a gennaio con o senza legge elettorale. Albertini in pole. Sulle futuro prossimo, però, la Lega naviga a vista. Se viene data per scontata che alleanze «naturali» possano rinascere nell'ambito del centrodestra, nel movimento nessuno si sbilancia. C'è attesa di vedere che cosa ci sarà al posto del Pdl, che in via Bellerio considerano agli sgoccioli

MILANO - Dimissioni pronte dei consiglieri del Pdl in Regione Lombardia, con l'obiettivo di andare al voto subito. Formigoni e i suoi, al termine di una giornata di braccio di ferro con la Lega sulla data delle elezioni e sull'eventuale coinvolgimento di assessori leghisti nella nuova Giunta regionale, puntano a tornare a dettare tempi e condizioni della crisi.
«Se ci sono le condizioni per trovare un accordo su una nuova legge elettorale entro il 30 ottobre, la si approva il 31 e si va ad elezioni a metà gennaio. Se l'accordo non c'è le dimissioni annunciate oggi vengono protocollate all'inizio della prossima settimana, e si va ad elezioni subito lo stesso». E' questa l'idea, spiegata da un «insider» Pdl, alla base della scelta del documento approvato in serata con cui sono state annunciate le «pronte» dimissioni. La nuova legge elettorale si limiterebbe ad eliminare il cosiddetto listino bloccato, anche per questo la sua eventuale approvazione, come è nelle intenzioni del Pdl, potrebbe essere particolarmente rapida. Al capogruppo del Pdl Paolo Valentini è stato dato mandato di verificare tra domani e dopodomani se ci sono le condizioni.
Il messaggio - viene spiegato - è quello di dire all'elettorato: «Siamo i primi ad esserci assunti la responsabilità di chiudere qui e dare mandato agli elettori». Avrebbe pesato, nella scelta, la consapevolezza di Formigoni e dei consiglieri del Pdl che non ci sono le condizioni di fare una giunta a durata, breve, prestabilita in massimo tre-quattro mesi e di mettere fine a «a un'agonia lunga penosa» e di «voltare pagina, anche perché allungare i tempi non paga di sicuro». A facilitare decisione è stato anche il decreto Monti sui vitalizi per i consiglieri regionali, che d'ora in poi richiederanno tempi più lunghi perché se ne maturi il diritto.

I leghisti però non ci credono fino in fondo. «Non vogliono passare per gli sconfitti. Quando uno vuole dare le dimissioni le dà, non le annuncia. Si contraddicono quando affermano che sono pronti a dimettersi e poi dicono di voler fare la legge elettorale. Comunque - spiega un componente del Consiglio federale leghista - I tempi non sono sufficienti: si voterà ad Aprile».
Al momento, per la candidatura a presidente della Regione è l'ex sindaco di Milano Albertini in pole position, sostenuto apertamente anche da Roberto Formigoni e non inviso alla Lega.
Già nel pomeriggio Formigoni aveva affermato che «si può votare in un periodo tra 45 e 90 giorni, quindi è realistica la previsione di elezioni a gennaio». Per la Lega, «la scadenza che abbiamo concordato (alla riunione della segreteria politica) è la prossima primavera assieme alle politiche, anche per far risparmiare quattrini ai cittadini lombardi, circa 50 milioni di euro» (argomento che non fu sufficiente però, nel 2009, a portare la Lega alla stessa conclusione, cioè unire le due consultazioni per l'election day di giugno, quando con Pdl decise di andare al voto in due distinte occasioni: il 7 giugno con le Europee, il 21 con i referendum elettorali, ndr).
Posizioni diverse, cristallizzate del botta e risposta a distanza di oggi e soprattutto nelle dimissioni annunciate dai consiglieri Pdl.

Sulle futuro prossimo, però, la Lega naviga a vista. Se viene data per scontata che alleanze «naturali» possano rinascere nell'ambito del centrodestra, nel movimento nessuno si sbilancia. C'è attesa di vedere che cosa ci sarà al posto del Pdl, che in via Bellerio considerano agli sgoccioli. «Fra tre o quattro mesi le cose saranno più chiare - viene spiegato - forse il Pdl non ci sarà più. Ma sarà a quel punto che si deciderà se si farà una corsa insieme». Ovvero, più probabilmente, «uno scambio tra la guida della Lombardia e l'appoggio al governo nazionale».