Corruzione, piccoli passi avanti, ma l'approdo è lontano
Una intera mattinata di riunione congiunta dei comitati ristretti delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera non è bastata a sciogliere tutti i nodi sul ddl anticorruzione. Ok su incompatibilità politici, ma non c'è intesa su arbitrati
ROMA - Una intera mattinata di riunione congiunta dei comitati ristretti delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera non è bastata a sciogliere tutti i nodi sul ddl anticorruzione: il ministro della Giustizia Paola Severino ha presentato una riformulazione dell'articolo 12, quello che deriva dall'emendamento Giachetti (Pd) che limita gli incarichi fuori ruolo dei magistrati; l'articolo 13 sulle norme penali non è stato ancora affrontato.
Ok su incompatibilità politici - Qualche passo avanti, invece, lo si è fatto sulle norme che riguardano la pubblica amministrazione, è stato lo stesso ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi a spiegarlo ai cronisti: sul tema delle incompatibilità dei politici che assumono incarichi dirigenziali nelle amministrazioni pubbliche «mi sembrerebbe che l'intesa ci sia, confermo che la riformulazione è quella del Governo». Cioè i politici provenienti da cariche elettive dovranno stare fermi un anno e non tre prima di assumere incarichi dirigenziali nelle amministrazioni di provenienza. Non sarà incompatibile chi è stato solo candidato a cariche elettive.
Nessuna intesa, ancora sul divieto degli arbitrati per le amministrazioni e le aziende pubbliche, proposto dal Pd e accantonato la scorsa settimana: la relatrice Jole Santelli (Pdl) ha proposto una riformulazione accolta dal Pd e da Fli, sulla quale la Lega ha annunciato l'astensione, mentre Enrico Costa del Pdl ha parlato di «principio giusto ma da affinare». Nella versione Santelli «è possibile prevedere il ricorso all'arbitrato solo con autorizzazione motivata da parte dell'organo di governo dell'amministrazione coinvolta». Critici in commissione gli avvocati-deputati del Pdl Francesco Paolo Sisto e Manlio Contento, critica anche l'Udc. «Il Pd - ha commentato il centrista Pierluigi Mantini - si fa trascinare dal massimalismo di Di Pietro». Secondo Oriano Giovanelli del Pd, invece, il problema è che «sono emerse tre posizioni nel Pdl. E senza interlocutori è difficile fare le leggi. Noi siamo partiti da una posizione più radicale ma ci siamo riconosciuti nella mediazione Santelli. Sugli arbitrati però ci sono latenti sensibilità dovute a interessi diffusi...».
Il dipendente diffamatore rischia il licenziamento - Il Pdl ha ottenuto, secondo quanto ha riferito Sisto, una riformulazione della norma proposta da Patroni Griffi sulla «copertura» dell'anonimato per i dipendenti pubblici che denunciano malversazioni: la proposta del Governo escludeva la tutela per i casi di calunnia o diffamazione, la nuova formulazione dovrebbe escludere dalla tutela anche chi viene riconosciuto condannato in sede civile. Il dipendente diffamatore rischia conseguenze disciplinari gravi, fino al licenziamento.
Tensioni tra maggioranza e opposizione - Sul terreno politico, le tensioni rimangono sia nella maggioranza, con l'Udc Mantini che ha lanciato la «sfida» del suo partito sull'emendamento per l'incandidabilità in Parlamento dei condannati, sia tra opposizione e maggioranza: «Non si consenta oggi cioè che non è stato consentito a Berlusconi», ha tuonato il dipietrista Federico Palomba. Oggi in aula riprende (piano) il cammino del ddl.
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