19 aprile 2024
Aggiornato 19:30
Il Governo e la «strana maggioranza»

Sul dibattito Monti-Partiti cala il richiamo di Napolitano

Malumori anche di qualche Ministro sull'escalation del Premier. In mattinata il Capo dello Stato aveva ripetuto che le giovani generazioni «devono poter accedere al mercato del lavoro in modo che non siano penalizzate da ingiustificate precarietà»

ROMA - Il richiamo di Giorgio Napolitano sui decreti e sull'uso della fiducia arriva dopo il colloquio con Lega e Idv, i gruppi di opposizione che hanno sollecitato il capo dello Stato su questi temi, e dal Quirinale si assicura che le parole del presidente vanno lette solo in relazione a questi colloqui. Il Colle, viene spiegato, ha sempre avuto questa linea sul tema dei rapporti tra Governo e Parlamento. E' un dato di fatto, però, che il richiamo arriva anche dopo giorni di escalation verbale tra Mario Monti e i partiti della sua «maggioranza strana», il Pd in particolare, così come non si può non registrare, oggi, una 'tregua' nel botta e risposta tra partiti e Governo.

Casini fa il mediatore - La preoccupazione nei partiti, del resto, stava raggiungendo la soglia di guardia, tanto che anche Pier Ferdinando Casini questa mattina aveva assunto un atteggiamento di mediazione: «L'articolo 18 non può essere affrontato come un tabù da nessuna parte» e «benvengano migliorativi, se in Parlamento ce ne saranno». Anche l'ipotesi di una fiducia sul ddl, rilanciata stamattina dal Corriere della sera, veniva minimizzata da Casini: «Lo deciderà il governo insieme ai partiti quando inizierà la discussione parlamentare in aula: è un discorso oggi ancora molto a priori...». La verità è che anche qualche ministro è rimasto più che perplesso di fronte agli 'editti asiatici' del presidente del Consiglio ed è difficile pensare che il capo dello Stato non abbia vissuto con qualche preoccupazione i battibecchi tra il presidente del Consiglio e la sua stessa maggioranza.

Il malumore del Pd, del resto, è fin troppo evidente. Nei giorni scorsi Bersani ha definito «stucchevole» la distinzione tra «tecnici» e «politici», e ancora stamattina Anna Finocchiaro ha ricordato che «il governo Monti nasce per una scelta politica ed è sostenuto dal consenso dei partiti che lo sostengono. Il consenso del governo sta dunque nel consenso dei partiti che lo sostengono in Parlamento». Altro che sondaggi! Molti, nel Pd, da giorni si chiedono cosa abbia spinto il premier a questo inasprimento di toni e qualcuno, come Massimo D'Alema e forse lo stesso Bersani, ipotizza che ci possa anche essere un disegno politico per «spingere» il Pd al centro, costringendolo a rompere con la Cgil.

Il «suggerimento» di Napolitano - Un clima che certo non può rasserenare Napolitano, nel momento in cui tocca alla Spagna finire sotto la pressione dei mercati e lo spread Btp-Bund torna a salire. E allora, il richiamo sull'uso dei decreti legge e della fiducia sarà pure la risposta ai temi sollecitati da Lega e Idv, ma per un'eterogenesi dei fini tipica della politica assume anche il tono di un utile suggerimento nell'ambito della dialettica tra Governo e partiti in corso in questi giorni. E forse non è un caso che il vice-segretario del Pd Enrico Letta, un dirigente in ottimi rapporti sia con il capo dello Stato che con il presidente del Consiglio, poco prima della nota del Quirinale abbia detto: «Credo che sull'asse Monti-partiti si siano amplificati equivoci che rientreranno rapidamente. La posta in gioco è troppo alta. Niente dietrologie».

Il richiamo sulla precarietà - D'altro canto, il Napolitano-pensiero, oggi, non si è limitato al galateo dei rapporti tra Governo e Parlamento: in mattinata il capo dello Stato aveva anche ripetuto che le giovani generazioni «devono poter accedere al mercato del lavoro in modo che non siano penalizzate da ingiustificate precarietà o da forme inammissibili di sfruttamento»; quindi, aveva invitato «le parti sociali a sviluppare un confronto aperto e costruttivo sulle soluzioni da perseguire, con forte spirito unitario». Insomma, come aveva già detto qualche giorno fa, la riforma va fatta.