25 aprile 2024
Aggiornato 13:00
Legge sulla cittadinanza

Immigrati: Fini, chi nasce in Italia cittadino prima dei 18 anni

Il Presidente della Camera: Non trascorra anni decisivi della formazione come un diverso. Riccardi: Si spende troppo per le misure di contrasto. Diamo fino a un anno per la ricerca di un nuovo lavoro. Malmstrom (Ue): Tanti partiti xenofobi come pre-guerra

ROMA - Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, rilancia l'invito a cambiare la legge sulla cittadinanza. Intervenendo al convegno 'L'immigrazione e l'integrazione: una sfida da vincere per l'Europa', in corso a Montecitorio, la terza carica dello Stato ha detto: «Chi è nato in Italia, o chi vi ha compiuto un ciclo di studi, deve poter diventare cittadino italiano molto prima di compiere diciotto anni. E questo affinché la sua condizione giuridica corrisponda al sentimento del suo cuore; affinché egli non trascorra gli anni decisivi della sua formazione umana, civile nella condizione dello straniero o, in qualche caso, dell'emarginato, del diverso».

Riccardi: Si spende troppo per le misure di contrasto - «L'immigrazione è qualcosa da cui ci dobbiamo solo difendere? Le risorse economiche impiegate per le misure di contrasto sono nel nostro paese quattro volte superiori rispetto a quelle utilizzate per le attività di sostegno e di integrazione». Lo ha detto il ministro per l'Integrazione e la cooperazione, Andrea Riccardi, intervenendo a un convegno alla Camera.
«Indubbiamente - ha aggiunto - bisogna far rispettare la legge ma soprattutto si deve uscire da una concezione emergenziale nell'approccio con l'immigrazione. Un nuovo ministero dell'integrazione vuole proprio segnare una nuova fase, quella dell'integrazione, non emergenziale nel considerare la presenza di non italiani sul suolo del nostro paese».

Diamo fino a un anno per la ricerca di un nuovo lavoro - «Per evitare che l'attuale congiuntura possa frustrare in maniera definitiva e per cause non dipendenti dal lavoratore percorsi di integrazione già intrapresi con successo, il nostro Ministero sta suggerendo di prolungare il periodo per la ricerca di una nuova occupazione ad almeno un anno». Lo ha ribadito il ministro per l'Integrazione e la cooperazione, Andrea Riccardi, parlando a un convegno alla Camera.
«Siamo consapevoli - ha spiegato - che il momento è difficile e che la crisi pone nuovi problemi agli italiani e agli immigrati. Ma pensare agli immigrati è in qualche modo pensare anche agli italiani. E' pensare a uomini e donne che con il loro lavoro daranno un contributo alla ripresa è pensare all'assistenza che gli immigrati, il caso delle badanti, danno ad anziani o disabili italiani. Ci sono problemi posti dalla crisi. In questi giorni ad esempio per evitare che l'attuale congiuntura possa frustrare in maniera definitiva e per cause non dipendenti dal lavoratore percorsi di integrazione già intrapresi con successo il nostro ministero sta suggerendo di prolungare il periodo per la ricerca di una nuova occupazione ad almeno un anno in attesa della ripresa economica e in relazione alle possibilità offerte dal lavoro stagionale. Diversamente si verificherebbe da parte del paese la perdita di lavoratori già inseriti. Bisogna guardare a una stagione politica fuori dall'emergenza migratoria».

Malmstrom (Ue): Tanti partiti xenofobi come pre-guerra - «Era da prima della seconda guerra mondiale che non si vedevano così tanti partiti populisti e xenofobi nei Parlamenti nazionali europei». Lo scrive, in un editoriale pubblicato sul quotidiano della Cei Avvenire, la commissaria europea agli Affari interni Cecilia Malmstrom. «Come prevedibile, essi sfruttano la crisi attuale tentando di scaricare le responsabilità di errori economici nazionali sulle popolazioni immigrate. Abbiamo dunque bisogno di una leadership europea e nazionale per evitare che il programma che il programma politico sia influenzato dalla logica populista. Infatti, contrariamente a quanto vorrebbero farci credere gli xenofobi, il numero dei richiedenti asilo in Europa è molto più basso oggi di dieci anni fa. E l'Europa non è particolarmente aperta nelle sue politiche di asilo: si contano molti più rifugiati nel solo Kenya che nei 27 Stati membri».
La commissaria Ue Malmstrom sottolinea che «coloro che cercano asilo si trovano peraltro di fronte a situazioni di grave incertezza, poiché le norme per la concessione dello status di rifugiato differiscono enormemente da un paese all'altro. Disparità di questo tipo non sono accettabili in un'Unione europea i cui membri hanno sottoscritto le stesse convenzioni internazionali e aderito agli stessi valori».