29 marzo 2024
Aggiornato 06:30
Rapporti Italia-Vaticano

Monti sabato dal Papa tra cordialità e crisi europea

Dopo le polemiche sull'Ici Bertone e Bagnasco hanno aperto a ritocchi. A preparare l'incontro sono molti contatti, più o meno formali, intercorsi in queste settimane tra il Governo e la Santa Sede

CITTÀ DEL VATICANO - Che i rapporti siano cordiali lo si è capito quando, a pochi giorni dall'insediamento, Mario Monti andò a salutare Benedetto XVI in partenza per il Benin, il 18 novembre, all'aeroporto di Fiumicino. Sarà che entrambi sono 'professori', sarà che Monti è entrato a Palazzo Chigi dopo un crescente disagio nei confronti del suo predecessore Berlusconi nel Palazzo apostolico, quell'incontro «cordiale» è stato registrato con soddisfazione in Vaticano. Tanto che l'Osservatore Romano raccontò il dettaglio che «dopo una calorosa stretta di mano, i due hanno camminato fianco a fianco conversando cordialmente e familiarmente per circa tre minuti lungo il tragitto fino ai piedi dell'aereo». E sabato prossimo - come vuole l'etichetta vaticana per ogni nuovo premier italiano - l'incontro si ripeterà in occasione della prima udienza ufficiale che Benedetto XVI concederà a Monti.

A preparare l'incontro sono molti contatti, più o meno formali, intercorsi in queste settimane tra il Governo e la Santa Sede. Non solo le telefonate personali tra Monti e il Papa al momento della nascita del Governo. Non solo la visita, lo scorso primo gennaio, che il premier ha fatto al presepe di piazza San Pietro e alla tomba di Wojtyla nella basilica, accompagnato dai famigliari ed accolgo da due maggiorenti vaticani, il segretario e il presidente del Governatorato, mons. Sciacca e il cardinale in pectore Bertello. E non solo l'incontro cordiale tra il Papa e la guardasigilli Paola Severino quando Ratzinger ha visitato il carcere di Rebibbia («il nostro Governo», ha detto in quell'occasione il Papa). Più in generale, nell'esecutivo, come è noto, sono presenti personalità che provengono dal mondo cattolico, come i ministri Andrea Riccardi, Lorenzo Ornaghi o Renato Balduzzi, o che comunque con la Cei e il Vaticano intrattengono cordiali rapporti. E i contatti tra maggiorenti ecclesiastici e ministri non sono mancati.

Molti i punti di possibile intesa tra Palazzo Chigi e il Palazzo apostolico. I due ministri degli Esteri - Giulio Terzi e il Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, mons. Dominique Mamberti - hanno già avuto prima di Natale due cordiali incontri all'ambasciata italiana presso la Santa Sede e a due passi dal Vaticano. «La promozione dei diritti umani continuerà a essere la stella polare del governo come ho accennato pochi minuti fa con mons. Mamberti - ha detto in quell'occasione Terzi - in particolare per quanto riguarda l'abolizione della pena di morte, i diritti delle minoranze, la libertà religiosa, la lotta contro le mutilazioni ai genitali femminili e contro la piaga dei bambini soldato». Un approccio in linea con la posizione della Santa Sede, espressa anche oggi dal Papa nel tradizionale saluto al corpo diplomatico presso la Santa Sede.

Un'occasione per Benedetto XVI di tratteggiare un affresco della visione geopolitica della Chiesa mondiale, senza tralasciare l'Italia. Dopo aver denunciato le persecuzioni contro i cristiani, infatti, il Papa ha citato, tra i «segnali incoraggianti nel campo della libertà religiosa», la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in favore della presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche italiane. «Le relazioni tra la Santa Sede e lo Stato italiano hanno attraversato momenti difficili dopo l'unificazione. Nel tempo, però, hanno prevalso la concordia e la reciproca volontà di cooperare, ciascuno nel proprio ambito, per favorire il bene comune. Auspico - ha detto il Papa - che l'Italia continui a promuovere un rapporto equilibrato fra la Chiesa e lo Stato, costituendo così un esempio, al quale le altre Nazioni possano riferirsi con rispetto e interesse».
Un equilibrio, quello a cui fa riferimento il Papa, che viene ritenuto essenziale, in Vaticano, anche sullo sfondo di una crisi economica internazionale ben presente a Benedetto XVI. E che si è intersecata anche con i rapporti tra Chiesa e Stato italiano. Quando è scoppiata la polemica sulle esenzioni Ici agli immobili della Chiesa in connessione con i sacrifici chiesti agli italiani dal decreto «salva-Italia», tanto il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, quanto il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, hanno respinto gli attacchi pretestuosi, ma hanno assicurato la disponibilità della Chiesa sia a «valutare la chiarezza delle formule normative vigenti», sia a perseguire eventuali elusioni. Oggi il Corriere della Sera riferisce che sarebbe vicino un accordo tra Chiesa e Stato per risolvere la controversia. Dalla Cei e dal Vaticano non filtra alcun commento, ma di certo gli 'sherpa' del Governo italiano e della Segreteria di Stato sono al lavoro perché si arrivi all'udienza di Monti dal Papa senza increspare la cordialità tra le due sponde del Tevere.

Radicali: Il Governo non tratti l'Ici con la Cei, applichi la legge - «In attesa di comprendere se l'indiscrezione corrisponda a vero, c'è da sottolineare che non c'è alcuna trattativa da fare ma solamente una legge da applicare». Così Mario Staderini, segretario di Radicali italiani, commenta la notizia apparsa oggi sul Corriere della Sera di un accordo tra Governo e Conferenza episcopale italiana sulla controversia dell'esenzione Ici agli immobili della Chiesa.
«Ora che finalmente si è abbandonata la concertazione con i sindacati, non ha senso riproporla con la Cei in modo illegittimo», afferma Staderini. «Il rischio, come ha denunciato il deputato Maurizio Turco, è che si tenti di vanificare il processo della Commissione europea che indaga su questo tema. Il Governo, invece, dovrebbe trattare con il Vaticano e con la Cei per una revisione dell'intero sistema dell'otto per mille».
«Se qualcuno avrà da smentire l'articolo del Corriere della sera lo farà. Per l'intanto vorremmo sapere se è vero che c'è una interlocuzione tra lo Stato e la Chiesa sulla scrittura di una legge dello Stato», afferma da parte sua Turco in una nota. «Peraltro il Presidente Monti e il Ministro Moavero, tecnici e politici di lungo corso, sanno benissimo che intervenire oggi servirebbe solo ad impedire che la giustizia faccia il suo corso. E siccome il concetto di giustizia non si abbina con Italia, parliamo di quella europea. Finora è stato tentato, inutilmente!, di tappare la bocca alla Commissione europea. Il Presidente Monti e il Ministro Moavero non avrebbero avuto difficoltà a conoscere il dossier nei dettegli nemmeno se non fossero stati membri del Governo. Oggi che lo conoscono dovrebbero riferire al Parlamento il loro intendimento, magari rispondendo ad una delle interrogazioni parlamentari. E invece trattano con chi dovrebbe pagare una tassa dovuta, sono incerti che lo sia dovuta? Attendano il responso della Commissione europea».