23 aprile 2024
Aggiornato 23:30
Costato la vita a 5 persone

Crollo Barletta, il sindaco Maffei: ora verità e giustizia

Lo chiedono i familiari e tutta Barletta. Il lavoro nero è «da condannare, ma non da criminalizzare»

BARLETTA - Il sindaco di Barletta, Nicola Maffei, chiede «verità e giustizia» per le vittime del crollo della palazzina, costato la vita a 5 persone, quattro operaie e la figlia 14enne dei proprietari del piccolo opificio che si trovava nello scantinato dello stabile crollato. «I familiari delle vittime adesso chiedono che sia stabilita la verità, che ci sia giustizia. E lo chiede tutta la città di Barletta», sottolinea Maffei, che è in continuo contatto con i familiari delle vittime: «Il loro dolore, la loro rabbia - afferma - sono affiancati da una compostezza che tutti dovremmo prendere a esempio».

Il sindaco, in un'intervista al sito dell'Anci, ricorda che «è nato tutto da un intervento di recupero urbano, che a sua volta ha reso necessario intervenire sull'edificio poi crollato. Pare che in quest'ultimo intervento siano state rimosse parti della struttura, generando la preoccupazione dei residenti, i quali hanno avvertito il Comune il 30 settembre. I tecnici comunali non hanno prodotto atti, il che vuol dire che probabilmente non fu accertato pericolo. Da quel giorno in poi bisogna capire cosa sia successo, e spetta solo alla magistratura indagare».

Riguardo alle polemiche sul lavoro nero, «ho protestato - spiega Maffei - innanzitutto perché non mi sembrava corretto spostare l'attenzione da quella tragedia umana della morte di 5 persone. Ma non ho detto che il lavoro nero non vada condannato. Ho detto che di certo il datore di lavoro, in questo caso, non deve essere criminalizzato. Invece è passato un messaggio per cui Barletta sarebbe una specie di patria del lavoro nero, con la legittimazione di questa pratica da parte del sindaco. Niente di più lontano dalla verità».

Ma - prosegue il sindaco - «non mi sento di condannare madri di famiglia che scelgono di lavorare a quelle condizioni piuttosto che vendere il proprio corpo per strada o rubare, né di criminalizzare una persona che comunque procurava lavoro e non sfruttava quelle donne». Perché il problema è più profondo: «Nel momento in cui il governo nazionale non assicura momenti di crescita e sviluppo per il Paese - sottolinea Maffei - come fanno a sopravvivere quelle famiglie che non possiedono alcuna fonte di reddito? Abbiamo perso nella nostra città 15 mila posti di lavoro in pochi anni. E' per questo che c'è chi si adopera per contenere il prezzo dei prodotti finali ed essere competitivo. C'è chi lo fa solo per sfruttare la manodopera a basso costo, e costoro vanno condannati senza indugio. Ma c'è anche chi lo fa guadagnando poco più dei suoi operai: anche costoro vanno condannati se utilizzano lavoro nero, ma di certo non vanno criminalizzati». «Barletta - conclude - non è la patria del lavoro nero. E' semmai lo specchio di un Paese che ha gli stessi problemi».