20 aprile 2024
Aggiornato 09:30
Assemblea ANCI a Brindisi

Delrio presidente dell'ANCI spacca il Pd, che boccia l'«uomo» di Bersani

Vinte le primarie di misura, davanti a lui c'era infatti il candidato della segreteria, Michele Emiliano, sindaco di Bari. I sindaci del Pd dicono no al diktat della segreteria

BRINDISI - Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia, è stato eletto oggi per acclamazione presidente dell'Associazione dei Comuni italiani, ma che fatica. Prima della plenaria, infatti, Delrio ha dovuto superare la prova più dura, le primarie interne al suo partito, il Pd. I delegati democratici si sono riuniti oggi alle 14 in conclave per scegliere il candidato da portare in assemblea (all'Anci, il Pd è in netta maggioranza e ha quindi l'onere di indicare il presidente), ma le cose non sono filate affatto lisce. Delrio, infatti, non partiva in pole position: davanti a lui c'era infatti il candidato della segreteria, Michele Emiliano, sindaco di Bari, il cui nome era stato ribadito ieri nel vertice al Nazareno fra Pierluigi Bersani il responsabile degli Enti locali del Pd, Davide Zoggia, e i due sfidanti e oggi di nuovo da Zoggia, che ha aperto l'assemblea dei delegati sottolineando che il sindaco barese doveva vincere.

Ma i delegati non erano tutti d'accordo e la fronda alla segreteria, capitanata da alcuni esponenti veneti, è riuscita a imporre le urne interne, nonostante l'ultimo, disperato tentativo di mediazione di Piero Fassino che ha proposto di eleggere Emiliano presidente, Delrio vice e confermare tutti i membri dell'ufficio di presidenza uscente. Niente da fare: primarie, con voto nominale segreto, e poi lo scrutinio, con il risultato a sorpresa, quel'89 a 85 che ha consacrato il medico reggiano presidente e scritto un'altra pagina nera nella segreteria di Bersani. Ma i guai non sono finiti qui: ad appoggiare Emiliano aveva provato, a Brindisi, anche il leader di Sel e governatore della Puglia, Nichi Vendola, arrivato al porto per partecipare alla plenaria ma costretto ad andarsene dopo l'annullamento della cerimonia inaugurale, causato dal grande ritardo con cui si sono concluse le primarie del Pd.

«Anche io - ha detto Vendola conversando con i cronisti - ero ad aspettare dietro una porta che si cominciasse, ma ora me ne vado. Certo non è stato un bello spettacolo, spero che almeno finisca bene, cioè con l'elezione di Michele Emiliano alla presidenza dell'Anci. Se così non fosse - ha detto ancora il governatore - sarebbe per me una prova tecnica di secessione», perché c'è il rischio che «si crei un asse trasversale nordista» che mira a impedire «un ruolo dirigenziale a un autorevole sindaco di una grande città del Sud. Io questo lo chiamo prova tecnica di secessione».

Parole che non sono valse a far vincere Emiliano ma che Delrio ha colto e a cui ha replicato nel suo primo discorso all'Assemblea plenaria dell'Anci. «Gli amici del Sud - ha detto infatti il sindaco di Reggio Emilia - non devono leggere la mia elezione contro il Sud. Io non sono contro qualcosa: non è questo lo stile dell'Anci. Noi vogliamo costruire soluzioni e proposte al Paese». E non è stata questa l'unica mediazione che Delrio ha dovuto affrontare ancora prima di essere acclamato. Il primo impatto con i suoi consoci dell'Anci è stato infatti molto duro, visto che è stato accolto dai fischi. Eppure, Delrio ha tenuto duro: «Vi chiediamo scusa e vi preghiamo di considerare che questa discussione - ha detto - è stata fatta per cercare una soluzione migliore per l'associazione. Ringrazio Emiliano per essere il primo firmatario della mozione che mi propone presidente e chiedo ancora scusa».

Da lì, applausi per lui. Il più forte? Quello del sindaco di Roma, Gianni Alemanno. «Sono molto contento - ha detto - che il candidato unico alla presidenza dell'Anci sia Graziano Delrio. La sua è una candidatura che nasce dalla base, contro ogni indicazione partitica, e che ha la forza e la credibilità di lanciare l'unità dell'Anci oltre le difficili vicende di oggi». Ma per un Democratico che vince, Delrio, ce n'è un'altro che perde, Emiliano. Soprattutto, però, c'è un segretario, Bersani, che da domani dovrà faticare ancora di più a governare il suo partito. E questo, per i sindaci del Pdl, è compensazione sufficiente per un pomeriggio in attesa di primarie a cui non votavano ma che, per loro, non potevano finire meglio.