19 aprile 2024
Aggiornato 03:00
Un incontro che coglie tutti di sorpresa

Maroni al Colle. E nel Pdl aleggia il passo indietro del Premier

Il Ministro non vuole elezioni anticipate e non vuole un governissimo in cui la Lega sarebbe marginale. Ipotesi di Esecutivo con Alfano Premier. Primo bivio è il voto Milanese

ROMA - Un incontro che coglie tutti di sorpresa, annunciato con il classico e stringato comunicato del Quirinale: «Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricevuto questa mattina il ministro dell'Interno, Roberto Maroni». Un incontro che avviene a due giorni dal voto sull'arresto di Marco Milanese, nel giorno in cui arriva il declassamento del rating italiano, nel giorno dell'accelerazione del processo Mills, nel giorno in cui Emma Marcegaglia chiede riforme immediate o «il governo deve andare a casa. E nel giorno in cui torna a circolare con insistenza la voce di un pressing di Gianni Letta e Fedele Confalonieri per un passo indietro di Silvio Berlusconi, in modo da aprire la strada ad un governo di centrodestra, con l'appoggio esterno del Terzo Polo, guidato da Angelino Alfano con al fianco lo stesso Maroni.

Scenario di cui si vocifera da mesi, ma che finora si è sempre scontrato con l'indisponibilità del presidente del Consiglio e con la difesa pubblica dell'attuale premier da parte del segretario Pdl. Indisponibilità che ancora oggi Berlusconi avrebbe opposto a chi lo ha sentito. Ma oggi l'ipotesi torna prepotentemente nelle conversazioni in Transatlantico di chi fa notare le «consultazioni ombra» di Napolitano che in due giorni ha visto Pierluigi Bersani, Maroni, e i capogruppo Pdl Gasparri e Cicchitto. Con in mezzo un contatto anche con Pier Ferdinando Casini. «Un giro preliminare - spiega uno degli interlocutori - per verificare la capacità di tenuta della maggioranza, e quale possa essere il terreno comune su cui lavorare nelle prossime settimane per fronteggiare la crisi», anche alla luce degli incidenti parlamentari di oggi. Ma qualcuno ha scorto in queste «consultazioni» anche un sondaggio su scenari diversi da quello attuale. Tanto che «non è escluso che il Presidente ci riconvochi tra qualche settimana».

Perchè stavolta il «detonatore» che può far deflagrare la situazione potrebbe essere alle porte, proprio con il voto su Marco Milanese. E il voto di giovedì è il bivio cui ora si trova davanti Maroni. I deputati che fanno riferimento al ministro dell'Interno continuano a mostrarsi determinati: «Sarà arrestato». A prescindere dall'esito della riunione della Lega convocata per domani, presente Umberto Bossi, per decidere l'atteggiamento del gruppo. Che con ogni probabilità dovrebbe risolversi con la libertà di coscienza, come successe per Alfonso Papa: «Noi siamo convinti - spiegano i maroniti - e la libertà di coscienza è l'unico modo che ha Reguzzoni per evitare di essere sconfessato».

Ma in realtà, ragionano uomini molto vicini a Maroni, lo stesso ministro non sarebbe ancora convinto dell'opportunità di votare a favore dell'arresto dell'ex braccio destro di Tremonti: «Ci sono ancora troppe incognite, legate a quanto potrebbe succedere dopo». Innanzitutto, «non è affatto detto che questo basti a far dimettere Berlusconi». E poi, se anche dovesse succedere, «bisogna ragionare bene sugli scenari futuri». Ovvero, l'ipotesi di un governo di centrodestra con un nuovo premier e con l'apertura all'Udc «è l'unica cosa che la Lega potrebbe accettare». Perchè Maroni «non vuole elezioni anticipate» e «non vuole un governissimo in cui la Lega sarebbe marginale e che potrebbe varare una legge elettorale che ci mette in un angolo».

Ragionamenti che, è la voce che circola in ambienti parlamentari, Maroni avrebbe affrontato anche nel colloquio al Colle. Anche dall'Udc, partito con il quale Maroni ha contatti frequenti, spiegano che «è ragionevole che il ministro dell'Interno stia cercando garanzie sul percorso dei mesi successivi».