25 aprile 2024
Aggiornato 19:30
Intercettazioni caso Tarantini-Lavitola

Berlusconi nega l'«invito» alla latitanza a Lavitola

Il Premier: «Siamo allo spionaggio. Si estrapolano stralci di conversazioni per criminalizzarmi»

ROMA - La giornata di Silvio Berlusconi finisce così com'è cominciata, occupandosi della crisi economica. In mattinata il Consiglio dei ministri che ha varato i ddl costituzionale sul pareggio di bilancio e l'abolizione delle Province, in serata un incontro a palazzo Chigi con il Governatore della Banca d'Italia e futuro numero uno della Bce, Mario Draghi.

Nel mezzo c'è però l'ennesima giornata trascorsa da Silvio Berlusconi a occuparsi delle intercettazioni del caso Tarantini-Lavitola e a sfogarsi contro quello che ormai considera - viene spiegato - più che una violazione del diritto alla privacy, praticamente un atto di «spionaggio» nei suoi confronti. Insomma, un ulteriore tentativo di farlo fuori messo in campo, a suo dire, da 'certi' pm con la complicità di «certa stampa». In primis, come sempre, il Gruppo Espresso. E così Berlusconi, che già in mattinata era parso ai suoi ministri alquanto silenzioso, cupo, quasi distratto mentre si animava la discussione sull'abolizione delle Province, poco dopo l'ora di pranzo si è visto «servire» le anticipazioni del settimanale della famiglia De Benedetti. Stralci di una telefonata, datata 24 agosto, in cui il premier suggeriva a Walter Lavitola, che lo chiamava dalla Bulgaria preoccupato per le rivelazioni di Panorama sull'inchiesta per estorsione, di 'restarsene dov'era'.

Parole che l'opposizione ha letto come un invito del Cavaliere al direttore dell'Avanti a rimanere all'estero, una sorta di 'complicità' verso un latitante. Tanto da chiedere a palazzo Chigi una smentita formale e ufficiale. Che è arrivata nel tardo pomeriggio attraverso una nota dell'avvocato Niccolò Ghedini in cui si definisce «infondata» e «assurda» la notizia secondo cui Berlusconi avrebbe detto a Lavitola di non tornare.

Di fatto una traduzione in legal-politichese degli accesi sfoghi che il premier ha dispensato con i suoi interlocutori. Il Cavaliere continua a ribadire la linea messa in campo da giorni e cioè di aver dato i soldi a Gianpaolo Tarantini solo per generosità, insomma per aiutare una famiglia in difficoltà. Quanto a Lavitola, la linea di difesa è chiara: poiché in quel momento non era stato emesso ancora alcun avviso di custodia cautelare nei confronti dell'ormai ex giornalista, il premier si sarebbe limitato a dirgli che non gli pareva necessario che interrompesse la trasferta per precipitarsi in Italia. Dunque, sottolineano dall'entourage del premier, nessun invito alla latitanza.

Per Berlusconi, comunque, si tratta dell'ennesimo tentativo di 'demolirlo' per via giudiziaria, sfruttando «la stampa compiacente e anti-italiana» che diffonde «stralci di conversazioni» per di più «irrilevanti» ed estrapolate dal contesto per criminalizzarlo mentre lui - si difende - sta cercando di «mettere il Paese al sicuro» dalla crisi. Ad irritare ancora di più il premier, anche, il breve tempo intercorso tra la svolgimento della conversazione e la pubblicazione via stampa. Tanto che Ghedini parla di «reiterate violazioni» con pubblicazione di «notizie ed atti, addirittura a volte in tempo reale rispetto agli accadimenti stessi».