28 agosto 2025
Aggiornato 10:00
Nel bunker tv Lcd, Internet e champagne

'Ndrangheta, arrestato a Rosarno il boss Francesco Pesce

Blitz dei Carabinieri del comando provinciale reggino. L'appagamento beffardo del boss: «Sono un personaggio»

REGGIO CALABRIA - I carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria hanno arrestato nella tarda serata di ieri il presunto boss della 'Ndrangheta Francesco Pesce detto : Ciccio u testuni. I militari dell'Arma diretti dal Tenente Colonello Carlo Pieroni e quelli del Reparto Operativo Speciale diretti da Stefano Russo unitamente allo squadrone eliportato di Vibo Valentia, hanno localizzato il rifugio del giovane boss in un bunker, all'interno di un'azienda agricola nei pressi della Strada a scorrimento veloce che collega il Tirreno con la Jonica nei pressi della periferia di Rosarno.

Francesco Pesce, esponente di spicco dell'omonimo, storico, clan di Rosarno, e definito dalla cugina - che per per alcuni mesi ha collaborato con i magistrati - il vero capo della 'ndrina di Rosarno, era latitante dallo scorso anno, quando riuscì a dileguarsi nel corso dell'operazione «Crimine». Con l'arresto del rampollo del clan Pesce i militari dell'Arma sono riusciti a mettere le mani su uno dei boss più in crescita nel panorama criminale reggino. Pesce, 31 anni (classe 1978), detto Ciccio Testuni, è considerato a ragione il nuovo boss della cosca, essendo figlio, peraltro, del mammasantissima Antonino Pesce, attualmente detenuto nel carcere di Secondigliano.
La cattura di Ciccio Pesce va ad aggiungersi ai successi investigativi degli ultimi mesi. La Dda di Reggio Calabria (in particolare il procuratore aggiunto Michele Prestipino e i sostituti Roberto Di Palma e Alessandra Cerreti) ha, infatti, negli ultimi mesi, colpito duramente il clan di Rosarno con sequestri per oltre duecento milioni di euro.

«Sono diventato un personaggio» - Ieri non aveva proferito parola, quando nel rifugio bunker in cui si nascondeva si è trovato davanti le teste di cuoio dei carabinieri con le armi spianate. Stamattina Francesco Pesce, a 33 anni già boss della 'ndrangheta a Rosarno, è sembrato quasi compiaciuto dell'arresto: «Sono diventato un personaggio», ha detto sorridendo ai militari che lo stavano prelevando dalle camere di sicurezza del Comando provinciale per portarlo in carcere.
Insieme al latitante è stato arrestato anche Antonio Pronestì, 41 anni anche lui di Rosarno, accusato di favoreggiamento personale con l'aggravante mafiosa: è il titolare della Demolsud, la ditta attiva nel settore delle autodemolizioni e dell'autonoleggio, presso la quale era stato realizzato il bunker in cui Pesce si nascondeva.

Nel bunker tv Lcd, Internet e champagne - Una «tana» con tutti i comfort: aria condizionata, due televisioni Lcd, Internet tv con parabola e una dispensa molto nutrita che conteneva generi alimentari di prima necessità, ma anche vini pregiati, champagne, salumi e formaggi calabresi. Si nascondeva in questo bunker (circa 40 metri quadri: cucina-soggiorno, camera da letto e bagno) Francesco Pesce detto Ciccio u Testuni.
Le indagini dei carabinieri, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, avevano portato ad individuare in Antonio Pronestì - titolare di quell'azienda, la Demolsud Sas sulla Via Provinciale SS281 per Polistena - l'uomo che teneva i contatti tra gli 'ndranghetisti di Rosarno ed il loro capo latitante.
Ieri è scattato il blitz. Durante la perquisizione dei locali della società sono state riscontrate diverse anomalie fisiche nel fabbricato e sul piazzale in cemento armato adiacente.
Sospettando la presenza di un bunker interrato, i militari hanno a 'carotare' il piazzale ed a questo punto, probabilmente temendo per la propria incolumità fisica, Pesce con un telecomando ha aperto la porta segreta del suo nascondiglio e si è consegnato ai carabinieri senza opporre resistenza.
Prima di essere catturato ha appiccato un fuoco nel bunker - spento subito dai militari - cercando probabilmente di distruggere 'pizzini' e documenti che la Scientifica dei carabinieri (il SIS) ha recuperato e ritiene «molto interessante e utile» per proseguire le indagini sulla 'ndrangheta e sulla cosca Pesce.
Dall'interno del suo nascondiglio il boss latitante poteva controllare tutto quello che accadeva fuori, grazie ad un sofisticato impianto di 16 telecamere a circuito chiuso con attivazione ad infrarossi.