19 aprile 2024
Aggiornato 16:30
Ma su Milano c'è attesa per il voto delle Amministrative

Il Vaticano e la CEI non si schierano

Frizioni con la Lega Nord e ok al referendum. Pensando al «dopo-Tettamanzi»

CITTÀ DEL VATICANO - Famiglia Cristiana si è spinta a fare un endorsement per Giuliano Pisapia. Comunione e liberazione, accusata in ambienti della maggioranza di un sostegno timido a Letizia Moratti al primo turno, è poi arrivata, per il ballottaggio, a fare volantinaggio per la sindaco uscente sui sagrati delle chiese milanesi. La Chiesa cattolica ha confermato un pluralismo interno sempre più evidente nel corso degli ultimi anni. Quanto alle gerarchie ecclesiastiche, se il Vaticano osserva in silenzio la tornata elettorale delle amministrative e la sua ricaduta nazionale, la Conferenza episcopale - divisa al suo interno - fa attenzione a non schierarsi e, soprattutto, a non essere strumentalizzata. Segno che alcuni candidati del centrosinistra, a partire da Napoli e Milano, non entusiasmano l'insieme dell'episcopato, ma segno anche che il 'feeling' con Berlusconi si è raffreddato.

Con la Lega, poi, ai tentativi di dialogo dei mesi scorsi è seguito negli ultimi giorni una chiara frenata. A marcare una rottura con il Carroccio sono stati, specie a Milano, i temi dell'immigrazione e della costruzione di una moschea. Il cardinale arcivescovo Dionigi Tettamanzi ha fatto attenzione a non fare il tifo per uno o l'altro candidato a Palazzo Marino. Ma non è stato in silenzio di fronte a certe intemperanze verbali e concettuali. L'accusa rivolta a Pisapia da Bossi e Berlusconi di trasformare la capitale lombarda in una Zingaropoli è «una boutade» che «non corrisponde alla realtà», ha detto il porporato, che ha invitato anche negli ultimi giorni i milanesi ad un atteggiamento di accoglienza e solidarietà. Le bordate partite dal Giornale contro Tettamanzi, accusato di fiancheggiare Pisapia con la sua «ambiguità», è stata subito rintuzzata dall'Avvenire. E il direttore del giornale dei vescovi, Marco Tarquinio, ha poi risposte punto per punto alla 'Padania', che aveva attaccato il segretario generale della Cei Mariano Crociata per l'ok all'ipotesi - puntellata dal rispetto della Costituzione - di costruire una moschea.

Anche il discorso che il Papa ha pronunciato a Santa Maria Maggiore per l'affidamento dell'Italia alla Madonna ha messo in luce un'agenda politica lontana su diversi punti dalla sensibilità del Carroccio, a partire dalla sottolineatura di un Nord che ha bisogno di ritrovare uno spirito di «solidarietà» e può imparare dal Mezzogiorno un atteggiamento di «accoglienza». Benedetto XVI ha volato alto e non ha certo calibrato le sue parole sulle esigenze dei ballottaggi, ma ha comunque fissato sull'orizzonte alcune priorità - l'impegno per l'occupazione e il precariato, lo stop alle polemiche, una politica disinteressata - impegnativa per chiunque voglia dichiararsi impegnato a difendere i valori della Chiesa. Quanto alla Cei, l'invito a partecipare al referendum sull'acqua per garantire i beni pubblici è la conferma che l'episcopato si muove al di fuori di opportunità di parte.

Per la Chiesa, ad ogni modo, la partita di Milano è interessante anche per il suo intreccio con la scelta del nuovo arcivescovo. Non che ci sia una connessione casuale tra l'elezione del sindaco e la scelta dell'arcivescovo, ma la coincidenza temporale può essere molto stretta. Tettamanzi, infatti, è in prorogatio da marzo.
Non c'è certezza su quando e chi, alla fine, verrà scelto dal Papa, ma voci insistenti in Curia indicano che Benedetto XVI potrebbe nominare il nuovo arcivescovo di Milano prima dell'estate. Se il nome più accreditato, non senza resistenze in Vaticano e a Milano, è quello del cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia vicino a Comunione e liberazione, il totonomine impazza e non è escluso che, alla fine, il Papa opti per un 'outsider'. Il 9 giugno, intanto, è convocata l'assemblea della Congregazione dei Vescovi che potrebbe essere chiamata ad esprimersi sulla scelta del successore di Tettamanzi. Ma è anche possibile che, invece, Benedetto XVI concluda le sue consultazioni e poi decida senza il passaggio dal dicastero vaticano.