10 ottobre 2024
Aggiornato 07:30
Quasi 4 ore di testimonianza per il pentito di mafia

Brusca: Berlusconi non c'entra con le stragi ma pagava il pizzo

Deposizione nel processo Mori-Obinu. «Erano 600 milioni all'anno»

ROMA - Quasi 4 ore di testimonianza, nella qualità di imputato in procedimento connesso, per un racconto che spazia dagli anni '80, quando lui era poco più che ventenne, al periodo delle stragi organizzate dalla mafia. Giovanni Brusca nel corso della sua testimonianza al processo ai carabinieri Mario Mori e Mauro Obinu, mantiene le promesse e rivela per la prima volta in un'aula di tribunale, «tutta la verità, anche quella che mi ero tenuto per evitare di sollevare polemiche e strumentalizzazioni».

La mafia che uccide, ma cerca un referente nello Stato. Questa doppiezza è stata restituita da Brusca. E così dopo un congresso della Dc ad Agrigento si decide che «nell'87 bisognava votare Psi». Poi con l'arrivo del maxi processo in Cassazione ecco il contatto con Berlusconi per arrivare a Bettino Craxi ed ai giudici della Cassazione. Il presunto tentativo, ricordato dal collaboratore di giustizia, non ebbe comunque esito. E in mezzo a questa confusione «dove non si ricordano date e riscontri» - secondo i difensori degli imputati - ecco che la trattativa sarebbe passata di mano. Dalla morte di Falcone a quella Borsellino. «Secondo la Procura è questa la linea - ha continuato uno dei legali - e Brusca serve a mettere insieme soggetti diversi».

La storia del confronto/scontro tra istituzioni da una parte e organizzazione criminale dall'altra è l'omicidio di Salvo Lima o i contatti avvenuti dopo la morte di Giovanni Falcone e prima di quella di Paolo Borsellino. E così rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo, Brusca spiega: «Tra la strage di Capaci e quella di via d'Amelio Riina mi disse che qualcuno si era fatto avanti per chiedere cosa voleva la mafia per fare cessare gli omicidi e che lui gli aveva dato un papello tanto di richieste. Sempre in quell'occasione mi disse che il terminale finale a cui l'elenco di cosa nostra doveva arrivare era l'onorevole Nicola Mancino».

L'ex vice presidente del Csm, con una nota ha poi sottolineato: «Brusca, che da tempo ho denunciato, è un 'pentito' itinerante tra i vari uffici giudiziari. Ripete per vendetta falsità nei confronti di un ex ministro dell'interno che nel periodo 92-93 fece registrare, tra i tanti arresti di latitanti, anche quello di Riina». Stando sempre alle parole di Brusca, dopo l'omicidio di Lima «si sarebbero fatti sotto» due personaggi come Vito Ciancimino, padre di Massimo, e Marcello Dell'Utri. «Il primo portò la Lega (non è stato specificato quale, ndr), l'altro un nuovo soggetto politico che si doveva costituire, o che già era costituito, non mi ricordo bene. Entrambi si proposero come alternative a Lima e al sistema politico di cui l'esponente andreottiano della Dc era stato il garante».