11 ottobre 2024
Aggiornato 16:30
La testimonianza al processo Mori-Obinu

Ciancimino jr: nel 2002 Provenzano riparlò con Dell'Utri

«Rassicurò mio padre rispetto ad un provvedimento di clemenza»

ROMA - Un pizzino datato «tra il 2001 e il 2002», dattiloscritto da Bernardo Provenzano e inviato a Vito Ciancimino, nel quale si rassicurava rispetto ad un intervento legislativo, «una amnistia, un indulto», in favore dell'ex sindaco di Palermo. E' quanto ha illustrato Massimo Ciancimino nel corso della sua testimonianza nel processo Mori-Obinu. «La persona con cui Lo Verde (Provenzano) aveva 'riparlato' era Marcello Dell'Utri», ha spiegato ancora Ciancimino jr.

Il figlio di Vito, l'assessore e sindaco di Palermo colluso con la mafia, stamane, nell'aula bunker del carcere dell'Ucciardone, a Palermo, ha ricominciato la sua deposizione davanti alla corte presieduta dal giudice Mario Fontana. Poi toccherà ai difensori degli imputati, il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu. I due alti ufficiali dell'Arma, devono rispondere di favoreggiamento a Cosa Nostra, in relazione alla mancata cattura di Bernardo Provenzano, il 31 ottobre del 1995, a Mezzojuso, piccolo comune che si trova nel cuore della provincia del capoluogo siciliano, da cui dista una trentina di chilometri. A dare, allora, quella 'soffiata' agli investigatori del Ros, fu un confidente, Luigi Ilardo, attraverso un tenente colonnello dei carabinieri, che l'aveva convinto a collaborare.

Secondo la Procura, la decisione di non catturare Provenzano, è stata presa in base ad un patto tra Stato e mafia, e l'intesa era stata sancita in qualche modo all'indomani delle stragi del '92, della morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. A confermare, almeno in parte, questo quadro, sono state le parole di Ciancimino jr in aula la scorsa settimana, l'1 e 2 febbraio.