18 aprile 2024
Aggiornato 18:30
Crisi libica

Berlusconi frena Parigi: Comando operazioni alla Nato

Frattini: «Oppure comando autonomo basi in Italia. Contatti con Mosca? Napolitano da feudo Lega: «Nessuno si sottragga a responsabilità»

ROMA - Il vero consiglio dei ministri si svolge a novemila metri, sulla rotta Milano-Roma. Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, faccia a faccia. In quota si manifestano i malumori della Lega, le preoccupazioni per la pressione migratoria e per l'accelerazione francese. Il Cavaliere - presenti anche Ignazio La Russa, Roberto Calderoli e Roberto Maroni - non si sottrae al confronto, spiega che lui da tempo considera l'approccio transalpino sbagliato, ma ricorda la difficile posizione italiana e la necessità che la maggioranza non si divida in questo frangente. Ma le tesi leghiste trovano terreno fertile in Berlusconi, che da tempo covava irritazione per l'attivismo francese: e nel pomeriggio arriva la dichiarazione di Franco Frattini che minaccia di non concedere le basi se il comando non passerà alla Nato. Parole ricalibrate in serata, ma lasciando intatto il senso della sfida a Parigi: il comando sia Nato, oppure Roma istituirà un proprio comando autonomo per verificare che le operazioni con base in Italia avvengano nel rispetto assoluto del mandato Onu.

Ma c'è anche il fronte interno, con la preoccupazione del governo di non offrire all'opposizione la chance di cavalcare le divisioni interne: si stabilisce dunque di votare in Parlamento sulle risoluzioni, come chiede il Carroccio, sperando che in quella sede si riesca a ritrovare una direttrice comune. Ma a sera resta ancora l'immagine di accelerazioni e frenate, ministri critici con i colleghi di governo, malumori leghisti per la gestione della crisi che - sia pure ufficiosamente - fanno fatica a non tracimare, a causa di nuove dichiarazioni governative, se non discordanti quantomeno differenti. «Dilettanti allo sbaraglio», taglia corto un esponente leghista commentando quello che giudica un balletto di dichiarazioni di Frattini e La Russa.

Nel corso del consiglio dei ministri ufficiale, quello di palazzo Chigi, va in scena una nuova puntata delle lamentele leghiste, perché per il Carroccio l'Italia si è spinta troppo avanti in questa vicenda, e sempre inseguendo gli alleati. I padani deplorano nel corso della riunione anche le eccessive esternazioni di alcuni militari. La Russa, dal canto suo, auspica maggiore riservatezza. Poi tocca a Berlusconi, che con nettezza e davanti ai ministri riuniti dà finalmente voce alla propria irritazione per la posizione francese.

Il pomeriggio è gravido di novità. La Russia si propone come mediatore con la Libia, secondo fonti governative ci sarebbero stati anche dei contatti fra Roma e Mosca e c'è chi si spinge a ipotizzare un ruolo dell'Italia nella mediazione. Poi il ministro degli Esteri Franco Frattini, da Bruxelles, pronuncia parole pesanti che ricalibrano la posizione italiana. Un deciso cambio di rotta, dettato direttamente da Berlusconi e frutto della volontà di uscire dall'angolo e di rispondere alla strategia francese delle ultime settimane.

Berlusconi sembra rispondere alle sollecitazioni leghiste in modo convinto, quando da Torino scandisce: Il comando delle operazioni torni alla Nato, gli obiettivi della missione nell'ambito della risoluzione Onu sono limitati alla no fly zone, all'embargo e alla protezione dei civili. Berlusconi, però, non arriva a ripetere l'ultimatum di Frattini sulla concessione delle basi. Poi il presidente del Consiglio assicura: «I nostri aerei non hanno sparato e non spareranno». Anche se il comandante Mauro Gabetta, pilota e portavoce della base di Trapani, aveva sottolineato: «L'operazione di soppressione delle difese degli avversari condotta dai nostri apparecchi è stata positiva. Gli obiettivi sono stati colpiti. La zona interessata era nei pressi di Bengasi».

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, da parte sua, ha richiamato tutti a non abiurare alle proprie responsabilità davanti alla crisi libica. Messaggio necessariamente diretto alla Lega Nord, fin dall'inizio critica sull'intervento in Libia, ma non solo. All'università dell'Insubria a Varese, feudo elettorale del Carroccio, il Capo dello Stato ha ripetuto che sì «qualsiasi preoccupazione è legittima e va rispettata, ma non potevamo e non possiamo sottrarci alle nostre responsabilità». Da portare a termine, certo, nel preciso quadro dell'Onu e delle regole della comunità internazionale. Parole che non possono essere lette come un controcanto rispetto alla 'retromarcia' di Frattini e ad alcune fibrillazioni di oggi nella maggioranza ma che hanno un senso più generale. Non un 'botta e risposta', dunque, ma una precisazione valida per tutti. Napolitano, che fin dall'inizio ha messo in guardia dal cedere agli «allarmismi», è convinto che «l'Italia paese importante, membro importante della comunità internazionale, dell'Alleanza Atlantica e dell'Unione» «non possa non dare il suo contributo alla soluzione della crisi libica». E cambiare posizione ogni giorno, in virtù dei complicati equilibri dentro la maggioranza, non è certo quello che il Colle auspica davanti a decisioni che sono e restano «difficili».