18 aprile 2024
Aggiornato 07:30
Crisi libica

L'Italia per ora dà solo le basi. Berlusconi: Noi non in pericolo

Il Premier parla dopo il vertice di Parigi: «Pronti a intervenire, ma non servirà». E chiede coordinamento

PARIGI - Come 'dirimpettaio' della Libia ed ex amico di Gheddafi, Silvio Berlusconi ci ha tenuto a dare la sua «versione» del vertice di Parigi, convocato per discutere delle operazioni militari sancite dalla risoluzione 1973 delle Nazioni unite. Questa volta niente assembramenti con telecamere e giornalisti nel cortile dell'Eliseo: il cerimoniale è rigido e una macchina attende il presidente del Consiglio italiano sotto le scalinate del palazzo. Il premier però ha «improvvisato» una conferenza stampa tra gli stucchi e gli arazzi dell'ambasciata. Troppo vicina la Libia perché l'Italia appaia come uno qualsiasi dei 24 Paesi seduti al tavolo del summit voluto da Nicolas Sarkozy.

Alla fine, di fatto, Roma resta fuori dalle operazioni militari e concede soltanto l'uso delle sue basi. Berlusconi ha spiegato che il nostro Paese sarebbe anche pronto e «disponibile» a un intervento diretto, ma che potrebbe non servire. «Non credo - ha detto - che ci siano esigenze particolari a riguardo» perché potrebbe bastare l'applicazione della no fly zone e dunque i mezzi messi a disposizione da altri Paesi.

Il nostro contributo sta nella concessione delle basi. L'ambizione del presidente del Consiglio è che almeno Napoli diventi il centro di coordinamento. Berlusconi ha spiegato di aver sottolineato la necessità di mettere tutto sotto l'egida dell'Alleanza atlantica e di aver trovato l'accordo di Hillary Clinton e David Cameron. «Credo proprio - ha annunciato - che sarà nella base Nato di Napoli che sarà fissata la sede del coordinamento delle operazioni». Francia permettendo.

Il presidente del Consiglio ha però anche voluto tranquillizzare gli italiani: per il premier non si corrono pericoli perché la nostra intelligence ha informazioni «certe» di un arsenale libico in cui non ci sarebbero armi in grado di arrivare a colpire le nostre coste.

Anche nel giudizio sul rais, ormai, Berlusconi ha sposato quello della comunità internazionale. Di esilio oggi non si sarebbe parlato, ha spiegato, perché ora la priorità sono i civili sotto attacco militare. Ma i giorni del colonnello sarebbero contati: «difficile» con quello che sta accadendo, ha affermato, che questo regime che dura da 41 anni «possa continuare».
Di fronte ai colleghi occidentali, dei paesi arabi (assente l'Unione africana) e al segretario dell'Onu Ban Ki-moon, Berlusconi ha anche un po' 'abbellito' la realtà, riferendo che in Italia c'è stato un voto unanime del Parlamento sulla missione. Dimenticando, insomma, le assenze leghiste. D'altra parte all'alleato Umberto Bossi il premier ha riconosciuto una «prudenza» che però, ha sottolineato, l'Italia non si può permettere: noi non siamo la Germania e la Libia - è il ragionamento - è a una manciata di chilometri.

Il presidente del Consiglio ha anche voluto mettere l'accento sulla sintonia con Giorgio Napolitano, raccontando di averlo chiamato appena concluso il summit e di aver avuto con lui un «pieno accordo» come d'altra parte anche nel vertice notturno del 17 marzo. Lo stesso capo dello Stato si è detto «compiaciuto» per l'esito della riunione parigina e per «il contributo dato e l'impegno assunto dall'Italia».