24 aprile 2024
Aggiornato 05:00
Per la Corte di Cassazione non costituisce un pericolo per altre confessioni

«Negli uffici pubblici italiani ammesso un solo simbolo religioso: il Crocifisso»

Confermato l'allontanamento del giudice che ne richiese la rimozione. Intanto venerdì prossimo la Corte di Strasburgo deciderà sul ricorso italiano

ROMA - Le sezioni unite civili della Corte di cassazione hanno confermato la rimozione dall'ordine giudiziario di Luigi Tosti, il giudice di pace del tribunale di Camerino, sanzionato dal Csm con la perdita del posto per essersi rifiutato di tenere udienza a causa della presenza del Crocefisso nelle aule di giustizia italiane. Secondo la Suprema Corte - sentenza 5924 di oggi - è corretto il 'verdetto' disciplinare emesso dal Consiglio superiore della magistratura il 25 maggio 2010 che ha pronunciato la destituzione del giudice onorario.

NEI PUBBLICI UFFICI ITALIANI AMMESSO SOLO IL CROCIFISSO - Nei pubblici uffici italiani, tra i quali rientrano anche le aule di giustizia, si può esporre solo il simbolo del crocefisso e per esporvi simboli religiosi diversi «è necessaria una scelta discrezionale del legislatore, che allo stato non sussiste». Ovvero manca una legge apposita in materia.

ESCLUSI DALLE PARETI PUBBLICHE I SIMBOLI DI ALTRE CONFESSIONI RELIGIOSE - Nulla da fare, riporta il sito Cassazione.net, neppure sull'altra richiesta di Tosti. Infatti il simbolo ebraico accanto al Crocefisso non potrà essere esposto. Sul punto i giudici con l' Ermellino hanno motivato che «è vero che sul piano teorico il principio di laicità è compatibile sia con un modello di equiparazione verso l'alto che consenta ad ogni soggetto di vedere rappresentati nei luoghi pubblici i simboli della propria religione, sia con un modello di equiparazione verso il basso».
«Tale scelta legislativa, però, presuppone - spiega ancora Piazza Cavour - che siano valutati una pluralità di profili, primi tra tutti la praticabilità concreta ed il bilanciamento tra l'esercizio della libertà religiosa da parte degli utenti di un luogo pubblico con l'analogo esercizio della libertà religiosa negativa da parte dell'ateo o del non credente, nonchè il bilanciamento tra garanzia del pluralismo e possibili conflitti tra una pluralità di identità religiose tra loro incompatibili».

NESSUN PERICOLO PER CHI PROFESSA CREDI DIVERSI DAL CRISTIANESIMO - Fra l'altro, l'esposizione del Crocefisso nei Palazzi di giustizia, e negli uffici pubblici, può non essere avvertito come un pericolo per la libertà religiosa di chi non è cristiano. «La presenza di un Crocefisso - scrive il Collegio esteso - può non costituire necessariamente minaccia ai propri diritti di libertà religiosa per tutti quelli che frequentano un'aula di giustizia per i più svariati motivi e non solo necessariamente per essere tali utenti dei cristiani, con la conseguenza» che il giudice Tosti non poteva «rifiutare la propria prestazione professionale solo perchè in altre aule di giustizia (rispetto a quella in cui egli operava, ndr.) era presente il Crocefisso».

ATTESA PER VENERDÌ LA SENTENZA DELLA CORTE DI STRASBURGO - La Corte europea dei Diritti dell'uomo si esprimerà venerdì prossimo, con sentenza d'appello definitiva, sul caso dei crocifissi nelle scuole italiane. Attesa da parte dei vertici ecclesiastici italiani.
Una nota diffusa questi giorni da Strasburgo rende noto che la Grande Chambre, costituita da un collegio di 17 giudici, si pronuncerà venerdì 18 marzo e alle 15. Si tratta dell'ultimo grado di ricorso. La sentenza, dunque, è inappellabile.

ALEMANNO (PDL) - «Il Crocifisso viene finalmente riconosciuto come simbolo della nostra identità culturale. In questi anni – questo il commento del sindaco di Roma, Alemanno - contro i simboli cristiani è stata fatta una vera e propria campagna demagogica alla quale oggi viene data dalla Cassazione una risposta decisa. Per quanto riguarda i simboli di tutte le religioni - conclude il sindaco di Roma - sono convinto che quando si è fedeli alle proprie tradizioni non solo si comprende il loro valore universale ma si trova anche il modo migliore di dialogare con le altre culture senza perdere la propria identità».