La Pontificia Accademia della Vita: la Chiesa non si pronuncia
Il Vescovo catalano dell'Opus dei Carrasco: «No a eutanasia ma DAT utili per ricostruire volontà»
CITTÀ DEL VATICANO - La Chiesa cattolica universale «non ha una posizione ufficiale» sul testamento biologico: lo ha precisato mons. Ignacio Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, che ha chiarito, invece, come per la Santa Sede il rifiuto assoluto di ogni ipotesi di eutanasia sia un paletto irremovibile.
«Al di fuori dell'eutanasia, tutto è possibile, ma va studiato con attenzione», ha affermato in un'intervista a 'Tmnews' il vescovo catalano dell'Opus dei. Secondo mons. Carrasco è «opportuno» che in Italia si eviti il ripetersi di vicende come quelle di Eluana Englaro e Piergiorgio Welby. «Sono casi molto minoritari, negli ospedali normalmente i pazienti chiedono di vivere non di morire», ha precisato il vescovo, «ma è bene che si eviti che si ricreino e che si rispetti, al tempo stesso, l'intimità delle persone».
Per mons. Carrasco, le decisioni relative alla fine della vita «dovrebbero essere prese accanto al letto del malato». Inoltre, va «preservato il ruolo del medico, il cui compito è sempre aiutare il paziente a vivere, o almeno provarci», ha detto il presule, che ha sottolineato come il codice deontologico dei medici italiani è già «molto buono». Carrasco ha ammesso che le dichiarazioni anticipate di trattamento (dat) hanno un «problema di fondo», ossia che chi diventa incapace di intendere e di volere potrebbe cambiare idea rispetto al momento in cui ha compilato le 'dat'. Il vescovo ha messo però in luce il fatto che le 'dat', pur senza avere carattere assolutamente vincolante, permetterebbero di evitare che la volontà di un paziente, in casi controversi, sia ricostruita su base indiziaria. «Per Eluana Englaro e di Terry Schiavo alla fine è stato un giudice a decidere per il paziente. In questi casi delle dichiarazioni anticipate di trattamento avrebbero fornito al giudice un punto di riferimento chiaro».
(segue)
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