Il triplo no di Bossi ad un esecutivo tecnico
«Rischiosissimo, un'idea fuori di testa, da guardare con timore». Berlusconi: «I cimiteri sono pieni di persone che si credevano indispensabili»
PONTE DI LEGNO - Il no di Bossi ad un governo tecnico, che è «rischiosissimo per la Lega» e «un'idea fuori di testa» a cui «dobbiamo guardare con grande attenzione e grande timore» è risuonato più volte in modo netto dall'Alta Valcamonica, dove il leader della Lega sta trascorrendo le vacanze ferragostane, ma il senatùr si è distinto dal coro di critiche che il Pdl ha riservato al Capo dello Stato per la sua presa di posizione contro un eventuale «vuoto politico» e «un duro scontro elettorale». «Stimo Napolitano - ha detto Bossi - ma con questo casino è meglio andare a votare».
Da Ponte di Legno, dove esattamente un anno fa la Lega (e la maggioranza) sembravano viaggiare con vento in poppa e il Carroccio lanciava promesse sull'introduzione delle gabbie salariali e del dialetto nelle scuole, Bossi ha ribadito la sua fedeltà a Berlusconi, il quale, secondo il ministro delle Riforme, «sa che nostri voti sono in cassaforte. Non siamo matti. Noi manteniamo la parola». Bossi in ogni caso esclude che in caso di elezioni si rischi che al Senato non ci sia una maggioranza.
Se si va ad elezioni «la maggioranza la determina la Lega», che, «vince qualsiasi elezione». E riguardo alle conseguenze di una crisi di governo sull'attuazione del federalismo, secondo il ministro delle Riforme il vero rischio è un'impasse dell'esecutivo fino alla fine della legislatura, cioè «avere un colpo di freno per tre anni».
Un eventuale governo tecnico, «a parte la legge elettorale, c'è il rischio che cancelli tutte le leggi che non interessano né a Fini né a Bersani», ha detto Bossi, che ricorda: «le elezioni le ha vinte un tale Berlusconi. La gente la crocetta l'ha fatta sul suo nome. E' vero che la Costituzione dice che c'è il presidente della Repubblica... però Berlusconi ha preso una montagna di voti. Non è che non conta niente». In caso di tentativo di governo tecnico, la Lega sarebbe pronta a scendere in piazza accanto al Pdl: «Berlusconi - ha detto Bossi - farebbe il braccio di ferro. Porterebbe in piazza la gente, sono tanti. La Lega, se si unisce, Piemonte, Veneto e Lombardia, sono milioni di persone, sono anche incazzati».
Bossi ha annunciato che, dopo un passaggio in Cadore per il compleanno del ministro dell'Economia Giulio Tremonti, dopo Ferragosto, incontrerà il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi il prossimo 25 agosto nella villa di Lesa, sul Lago Maggiore. E il 28 o il 29 sarà in Liguria per il «Cristo degli abissi», nella baia di San Fruttuoso a Camogli.
In serata ha parlato anche il premier Berlusconi. «Bisogna tenere duro, ma i cimiteri sono pieni di persone che si consideravano indispensabili». Con questa battuta ha risposto a un sostenitore che, durante una passeggiata per il centro di Porto Rotondo, lo esortava a «non mollare». «Sono venuto qui a passare tre giorni di relax, non parlo di politica. Farò soltanto il nonno», ha poi risposto il presidente del Consiglio ai cronisti che gli chiedevano della situazione politica. E a chi gli chiedeva come stesse, si è limitato a dire: «Sono sereno e tranquillo».
Anche il ministro Roberto Calderoli si è scagliato con durezza contro l'ipotesi di un governo tecnico: «Noi abbiamo l'obbligo di realizzare le riforme e il programma. L'alternativa sono le elezioni, diversamente altro che piazza, per me il Nord se ne va» ha detto alla Festa di Pontida. Alla domanda se la Lega torna a parlare di secessione, Calderoli ha replicato: «Non sto parlando di una cosa che dice la Lega, ma di una cosa che potrebbe nascere spontaneamente. Stiamo perseguendo le riforme e vogliamo realizzarle con questo governo. L'alternativa sono le elezioni e se qualcuno vuol fare un colpo di Stato poi paga le conseguenze». Sull'intervento del presidente della Repubblica, Calderoli ha quindi commentato: «La Lega sta proponendo la proposta di mediazione per le riforme. D'accordo con lui ma l'alternativa non può essere un governo che blocca le riforme». «Napolitano è un vecchio comunista e non darà l'incarico a chi ha perso le elezioni - ha detto ancora il ministro per la Semplificazione legislativa -. Ha ragione il povero Napolitano e anche la Lega è per la moderazione, ma l'alternativa al governo sono le elezioni, il contrario si chiama colpo di Stato». Quindi il ministro ha parlato di Fini, annunciando di aver preso un appuntamento con lui: «Per la libertà della Padania se serve faccio anche il patto con il demonio». «Ogni volta che Fini parla noi guadagniamo voti - ha detto ancora Calderoli -, quando parla Bocchino li raddoppiamo e quando si parla di Montecarlo li quadruplichiamo». Poi ha citato Luca Cordero di Montezemolo: «È stato cacciato da Confindustria, poi dalla Fiat e anche la Ferrari non vince più. Lui vorrebbe dare i consigli a noi? Ecco perché quando sento questi signori dire che non bisogna andare alle elezioni mi convinco che sono l'unica alternativa».
Non c'è motivo di pensare a un ritorno alle urne secondo il ministro Ignazio La Russa, almeno «fin tanto che siamo in grado di rispettare gli impegni». «Il governo - ha spiegato il titolare della Difesa - non credo che abbia proprio il desiderio di andare a casa, l'esecutivo ha un desiderio preciso, che è quello di rispettare il programma in cui si è impegnato con gli elettori». Il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto ci tiene comunque a sottolineare che «non vi è alcun nervosismo nell'indicare come soluzione quella di ritornare alle urne nel caso in Parlamento la maggioranza uscita dal libero voto degli italiani non venisse confermata. Mi pare - ha chiarito Cicchitto - un epilogo logico e di buonsenso».
Per il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini «non è possibile immaginare governi contro una parte del Paese, contro la volontà di una parte del Parlamento». «È molto difficile - ha ribadito il numero uno dei centristi - e dubito anche che possa essere utile. Giustamente il presidente della Repubblica ha richiamato le procedure di carattere istituzionale, che vanno sempre rispettate. Io ho parlato di responsabilità nazionale perché credo che quello che serve non è schierare una parte contro l'altra, ma riconsegnare l'Italia agli italiani, uscire da questa melma insieme, cercando di ricucire un Paese diviso».
Nel dibattito si inserisce anche la fondazione FareFuturo, vicina al presidente della Camera Gianfranco Fini. In un editoriale su Ffwebmagazine, il direttore Filippo Rossi scrive che dalla destra non berlusconiana ci si sta avvicinando alla destra «anti-berlusconiana». «La destra - scrive Rossi - c'era prima di Berlusconi e ci sarà dopo di lui, su questo non ci piove. Una destra non-berlusconiana, insomma, esiste». Quindi Rossi spiega il passaggio possibile dalla destra non-berlusconiana a quella direttamente «anti-berlusconiana»: «Questo sì che sarebbe un trauma, a suo modo. Eppure la deriva cui assistiamo in questi giorni, la stampa di famiglia che diventa il fuoco di fila utile a massacrare il nemico, lo svilimento della Costituzione, il fango e gli insulti personali che arrivano dai cortigiani delle ultime file, le continue intimidazioni contro i «congiurati», i dossier, le compravendite parlamentari, le velate minacce al capo dello Stato, i tristi e pericolosi richiami alla piazza, ecco, tutto questo rischia di portare proprio lì».