23 aprile 2024
Aggiornato 08:00
Il Ddl contestato

Intercettazioni, è scontro tra Fini e Schifani

Il presidente della Camera critico sulla norma sui processi in corso: «È in contrasto con principio di ragionevolezza». Replica: «Io non giudico temi all'esame a Montecitorio»

ROMA - Nel giorno in cui il ddl intercettazioni approda in Aula al Senato per la discussione generale scoppia lo scontro tra i presidenti delle Camere Renato Schifani e Gianfranco Fini. Quest'ultimo, in visita a Santa Margherita Ligure, esprime di suoi «dubbi» sul testo e non esclude la possibilità di nuove modifiche nella terza lettura alla Camera. La seconda carica dello Stato replica a stretto giro sottolineando la sua terzietà rispetto alle questioni riguardanti sia Palazzo Madama che Montecitorio e Fini fa sapere di non avere alcuna intenzione, su certe questioni, di desistere da valutazioni politiche.

FINI - Secondo Fini «la norma transitoria contrasta con il principio di ragionevolezza. E' opportuno che il Parlamento rifletta ancora: mi inquieta un po' anche il limite di tempo di 75 giorni.
Non si può intervenire con una mannaia. Il mio auspicio è che il dibattito affronti anche queste questioni che non sono state affrontate bene, specialmente dalla maggioranza. Alla Camera, se i deputati lo riterranno necessario, si potrà intervenire».

SCHIFANI - Immediata la reazione del collega Schifani che, lasciato il banco della presidenza del Senato, si è recato in Transatlantico per incontrare i cronisti. «Da quando sono presidente del Senato - ha detto Schifani in un crescendo - non mi sono mai occupato di dare valutazioni politiche o nel merito di argomenti all'esame del ramo del Parlamento che presiedo» perché «il ruolo del presidente del Senato è di essere garante delle regole e dei diritti di maggioranza e opposizione, è un dovere di terzietà».
«Men che meno - ha aggiunto Schifani - mi sognerei di dare giudizi politici o di merito su argomenti all'esame dell'altro ramo del Parlamento». Non si è fatta attendere la controreplica di Fini: «Il presidente Schifani non può però fingere di non sapere che prima di presiedere la Camera ho contribuito a fondare il Pdl, di cui anch'egli è espressione. Sulle questioni relative alla legalità e all'Unità nazionale non ho intenzione di desistere dallo svolgere un ruolo politico».

PDL CONTRO FINI - Intanto nel Pdl è serpeggiata la rivolta contro le parole del co-fondatore. Il ministro e coordinatore Bondi: «Mi chiedo non se sia corretto ma se sia utile e ragionevole che il presidente della Camera esprima un giudizio politico nel merito di un provvedimento nel mentre lo si sta discutendo nell'Aula del Senato». Per Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori, «Fini ha tutti gli strumenti per superare il conflitto d'interessi che deriva dal suo doppio ruolo di presidente della Camera e capo di una minoranza interna al Pdl». Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati: «Fini, come gli capita ormai di frequente, sostiene la posizione di nicchia dei pm e della nomenclatura giornalistica contro il parere di tutti gli altri italiani che non ne possono più di essere spiati». Al contrario il presidente della commissione Antimafia Beppe Pisanu (Pdl) condivide i dubbi del presidente della Camera: «Grosso modo lo condivido. Spero ci sia un approfondimento». Martedì è in programma un vertice di alcuni parlamentari finiani: Bocchino, Granata e Bongiorno. Per Granata «ora il problema riguarda tre punti: le norme transitorie, la questione dei reati spia o reati collegati, e le intercettazioni ambientali».