19 aprile 2024
Aggiornato 06:00
Bomba davanti alla Procura

Attentato di Reggio, decisione «collegiale» delle cosche

Non ha dubbi il Procuratore Generale Di Landro: «illusi, non ci arrendiamo mai». Il Punto sulle indagini

REGGIO CALABRIA - «L'ordigno posto davanti alla sede della Procura generale di Reggio Calabria è opera di tutte le 'ndrine operanti nella zona». Non ha dubbi il procuratore generale, Salvatore Di Landro, sulla matrice dell'attentato perpetrato ai danni dell'ufficio che dirige da poco più di un mese.
«Le cosche tradizionali si dividono il territorio, con una capillarità impressionate, quindi sappiamo bene qual è il confine della giurisdizione tra due clan. Quando vengono colpite le istituzioni- continua il procuratore generale - le decisioni vengono prese collegialmente e non da un clan in particolare».

Nonostante la tensione di queste ultime ore, il pg Di Landro sottolinea come «forse qualcuno si era illuso che tenessimo un profilo più basso, cosa sbagliata, perché noi non ci arrendiamo mai. Per molto tempo le organizzazioni mafiose hanno pensato che la Procura fosse l'anello debole della magistratura calabrese; i criminali sono portati a pensare che nei giudizi di appello le cose si sistemano e quando questo non avviene, quando si rendono conto che i processi vengono trattati con pari impegno, qualcuno può avere la tentazione di reagire».

Durante il vertice tenutosi nel pomeriggio, presso i locali della Prefettura di Reggio Calabria, a cui hanno preso parte il sottosegretario e il capo di Gabinetto del ministero dell' Interno, rispettivamente Francesco Nitto Palma e Settembrino Nebbioso, nonché Giuseppe Gratteri, capo della Direzione centrale Anticrimine, il prefetto uscente Francesco Musolino e il neo prefetto di Reggio Calabria Luigi Varratta, il questore reggino Carmelo Casabona, i comandanti provinciali dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, Pasquale Angelosanto e Alberto Reda e il procuratore generale Salvatore di Lando e il procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone hanno formalizzato la richiesta relativa all'aumento dell'organico e delle autovetture in forza all'Autorità Giudiziaria.

La riunione del pomeriggio è servita inoltre a fare il punto della situazione in vista dell'incontro con il Ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che si terrà giovedì prossimo presso il Palazzo del Governo reggino.

INDAGINI - Intanto proseguono le indagini da parte dei Carabinieri di Reggio Calabria sugli autori del grave gesto dinamitardo. Le telecamere a circuito chiuso avrebbero ripreso la targa dello scooter usato dalle due persone che domenica mattina hanno posto materialmente l'ordigno davanti al portone della Procura Generale, ma da quanto si è appreso i numeri della targa non sarebbero distinguibili. Contrariamente a quanto riferito in precedenza, infatti, la targa sarebbe stata contraffatta per renderla illeggibile.
I carabinieri del Reparto operativo di Reggio Calabria, diretti dal colonnello Carlo Pieroni, stanno svolgendo gli atti urgenti, i cui risultati saranno trasmessi tempestivamente alla Direzione Distrettuale Antimafia.
In seguito alle conseguenti valutazioni, la DDA deciderà quando consegnare il fascicolo alla Procura antimafia di Catanzaro, competente sui procedimenti che riguardano i magistrati del Distretto di Corte d'appello di Reggio Calabria.

IL MONITO DELLA CURIA - Intanto si è registrato anche il duro monito dell'arcivescovo di Reggio Calabria, monsignor Vittorio Luigi Mondello, contro gli autori dell'attentato «I mafiosi cambino la loro vita presente - dice il prelato che poi aggiunge: «Qui siamo abituati agli attentati - prosegue - ogni notte ci sono incendi di macchine o una bomba verso questo o quell'altro negozio. Quindi non ci facciamo molto caso. Questo però ha impressionato molto non solo me ma anche la magistratura. Ha impressionato per il nuovo livello: non avevano mai attentato alla magistratura e questo è un segno forte proprio contro la magistratura».