Immigrazione: il Pdl si divide sulla cittadinanza. Asse Tremonti-Fini
La Russa contro testo bipartisan Sarubbi-Granata: «Roba da peones»
MILANO - Si alzano i toni nella maggioranza sulla proposta di dimezzare a cinque gli anni di permanenza nel nostro paese necessari a uno straniero per ottenere la cittadinanza italiana. E i contrari al testo fortemente sostenuto dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, e firmato da cinquanta parlamentari di tutti i gruppi ad eccezione della Lega, non stanno soltanto nel Carroccio. E' nel Pdl la spaccatura più pesante: Ignazio La Russa da un lato che la liquida come «una proposta di peones» e Giulio Tremonti dall'altro che elogia la ricetta della terza carica dello Stato.
La proposta bipartisan (primi firmatari il finiano Fabio Granata e il democratico Andrea Sarubbi) è in discussione nella commissione Affari Costituzionali della Camera insieme ad altre undici proposte di legge: prevede che si passi dall'attuale 'ius sanguinis' per ottenere la cittadinanza a uno 'ius soli temperato', dimezza da dieci a cinque gli anni di residenza in Italia necessari, prevede dei test per la conoscenza della lingua, della storia e della Costituzione italiana oltre che un giuramento sui valori contenuti in quest'ultima.
Fini oggi l'ha rilanciata nel corso di un dibattito con Tremonti alla Festa della Libertà a Milano avvertendo: «Non accetto scomuniche preventive dagli organi di stampa». E ha trovato l'inaspettata sponda del ministro dell'Economia che lo ha pubblicamente elogiato: «Ho sempre pensato che le posizioni di Fini su questi temi siano generose e corraggiose. Credo che dobbiamo discuterne pubblicamente dopo che ne abbiamo parlato in modo privato».
L'inedito asse Fini-Tremonti sulla cittadinanza acquista un significato ancora più pesante quando, nel corso del dibattito successivo sempre al Lido di Milano, la proposta di legge Sarubbi-Granata incassa gli 'autorevoli' no di capogruppo e vicecapogruppo del Pdl di Camera e Senato: «Il voto agli immigrati dopo cinque anni non glielo voglio dare», dice Gaetano Quagliarello. Gli fa eco Fabrizio Cicchitto per il quale «gli attuali dieci anni sono una data ragionevole». Idem per Maurizio Gasparri. Per non parlare di La Russa che ammonisce il collega di partito Granata, 'finiano' di stretta osservanza e animatore della proposta trasversale sulla cittadinanza: «E' sbagliato che un deputato del Pdl faccia proposte con parlamentari del Pd senza dibattere il tema nel Pdl e nella maggioranza. Prima bisogna approfondire la questione. Queste sono proposte di deputati che una volta si definivano peones».
I «peones» tirati in ballo da La Russa non si scompongono e replicano a tono: «Un po' fa sorridere, un po' mette tristezza che un ministro della Difesa faccia nonnismo chiamando 'peones' dei deputati che propongono leggi cioè che fanno il loro dovere. Non so se lo fa da ministro o da colonnello in disarmo», commenta Granata. Mentre Sarubbi chiede al ministro della Difesa: «Visto che Gianfranco Fini e Dario Franceschini sono d'accordo con noi: la qualifica di peones è applicabile anche a loro?».
Insomma il clima è incandescente ma l'esercito di chi non condivide l'ampia maggioranza che si è creata intorno alla proposta Sarubbi-Granata non sembra preoccupare Fini, che ha fatto di quella sull'integrazione una delle sue battaglie principali. Anche perché prevale la soddisfazione per le parole di Tremonti che la terza carica dello Stato ha così commentato: «Mi interessava che cominciasse il dibattito e il dibattito è cominciato».