2 maggio 2024
Aggiornato 00:00
Immigrati

Fini-Napolitano: «Integrazione e rispetto per lavoratori»

Lega difende linea dura. Calderoli: «Senza requisiti vanno espulsi»

MARCINELLE - Lo spunto arriva da Marcinelle, ma lo sguardo è tutto rivolto all'Italia di oggi. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e quello della Camera, Gianfranco Fini, colgono l'occasione del 53.mo anniversario della tragedia che costò la vita a 262 minatori di 12 nazionalità (136 italiani) per ricordare che anche l'Italia è stata un paese di migranti e lanciare un duro monito: quella strage e il ricordo di una stagione di migrazioni che ha visto centinaia di migliaia di italiani partire «deve costituire - ha affermato il capo dello Stato nel suo messaggio per le commemorazioni della tragedia - ulteriore motivo di riflessione sui temi della piena integrazione degli immigrati così come su quelli della sicurezza nei luoghi di lavoro. Si tratta di esigenze sociali e civili e di diritti fondamentali, il cui concreto soddisfacimento sollecita massima attenzione ed impegni coerenti da parte delle istituzioni e di tutte le forze sociali».

Parole che anticipano il pensiero del presidente della Camera, che le legge proprio davanti alla miniera di Marcinelle e che invita «a non dimenticare» una tragedia che «non è storia di ieri ma di oggi». Ancora più attuale per un paese simbolicamente raccolto, oggi, intorno alla cava dove 136 italiani persero la vita in uno dei più grandi disastri che la storia del nostro lavoro ricordi. Un paese dove però, ha sottolineato Fini, «ancora troppo spesso uomini e donne rischiano o perdono la vita» e dove rischia di tornare a soffiare un vento di «malcelata xenofobia»: «il lavoratore merita rispetto anche se non ha papier, i documenti», tuona Fini invitando politici e cittadini a ricordare la nostra storia: «Noi che oggi ci confrontiamo con il problema dell'immigrazione siamo figli di migranti». Migranti, come coloro che lo ascoltano nella mattinata afosa di Marcinelle, che ormai «hanno messo radici» in quel paese «e non sono più stranieri».

Dovremo sapere allora che un lavoratore che lascia il suo paese e la famiglia «non è un supporto temporaneo« per il paese che lo ospita: chi su questa base progetta le sue politiche per l'immigrazione, avverte la terza carica dello Stato, «non ha capito niente e non conosce la nostra storia». Parlando in mezzo a ex minatori italiani, che per estrarre il carbone in Belgio hanno lasciato il sole di Sicilia e Calabria, la Pianura Padana o le montagne dell'Abruzzo, Fini non rinuncia a una frecciata alla Lega: «Non erano solo gli italiani del Sud a emigrare. Questo è un dato di verità storica che vorrei che oggi ricordassero tanti esponenti politici che rappresentano il Nord nel nostro paese».

Tra la visita al cimitero di Marcinelle e l'omaggio alle vittime italiane ed europee di una tragedia «che non va dimenticata», Fini invita quindi alla «coerenza» le forze politiche e le istituzioni, compatte oggi nel piangere i propri lavoratori giunti in Belgio 'sans papier' e morti inghiottiti senza un contratto. Coerenza che è sollecitata anche dal capo dello Stato ed è rivendicata da Mirko Tremaglia, ex ministro degli Italiani nel mondo, oggi in Belgio con il presidente della Camera: «Bisogna cancellare il reato di immigrazione clandestina che è assurdo e inventato per colpire i migranti che non hanno compiuto reati contro la legge né contro qualcuno», afferma a gran voce chiedendo anche la sanatoria per gli irregolari.

Ma nel giorno dell'entrata in vigore del pacchetto sicurezza, le parole delle due alte cariche dello Stato suscitano la reazione della Lega. Per il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, il lavoratore va sì rispettato sebbene irregolare, ma «con il dovuto rispetto - dice - va anche processato ed espulso, quando non sia in possesso dei requisiti necessari, perché così dice la legge, approvata dal Parlamento».