19 aprile 2024
Aggiornato 06:00
Sentenza della Cassazione

Clandestino? Espulso anche se manda soldi a famiglia

Le rimesse di denaro in patria non giustificano la permanenza

ROMA - Le rimesse di denaro in patria per mantenere la famiglia lontana non autorizzano il clandestino a ignorare il decreto di espulsione del questore. La Cassazione si mostra rigorosa nel riconoscimento di quei «giustificati motivi« che consentono all'immigrato espulso di non andar via dall'Italia nonostante l'ordine dell'autorità di polizia.

«TENGO FAMIGLIA» - E i giudici della prima sezione penale della Corte, con la sentenza 30994, censurano il magistrato del tribunale di Bergamo per il quale invece dire «tengo famiglia« è un buon motivo per continuare a restare in Italia. In particolare la sentenza di merito aveva sottolineato che l'imputato «non aveva precedenti penali e non si era potuto allontanare dall'Italia per la necessità di contribuire al sostentamento dei familiari indigenti che sono nella sua patria d'origine».

DECISIONE «BUONISTA» DEL TRIBUNALE - In pratica il clandestino si era giustificato affermando che anche qualche lavoretto ogni tanto, qui nel Paese del Sole, era una vera fortuna per la sua famiglia in Nigeria. Ma la Cassazione non ha condiviso in nulla la decisione «buonista» del tribunale: «la necessità di provvedere economicamente a se stessi e alla propria famiglia nella patria lontana - scrive la Corte - integra certo un motivo socialmente ed umanamente apprezzabile, ma non può giustificare l'inadempimento «all'ordine impartito dalla Pubblica amministrazione». Anche perché, conclude la Cassazione, questi problemi rappresentano «le condizioni caratterizzanti del migrante economico».

Come dire: se la famiglia povera e lontana diventa una giustificazione, allora possono restare tutti.