19 aprile 2024
Aggiornato 11:30
Primarie PD: «Bersani è cambiamento»

D'Alema: «Senza radici PD è una palafitta»

All'Unità: «Conflitto interessi? Sono quello che ci provò di più»

ROMA - «Un grande partito deve avere un'identità e questa c'è se è radicata nella storia del Paese». Dalle pagine dell'Unità, Massimo D'Alema avverte del rischio «palafitta», ribadendo la necessità che il Pd metta «radici nella società», mentre «qualcuno ha pensato, sbagliando, che si dovesse abolire la sinistra».

D'Alema, che spiega di «non aspirare a funzioni di leader», non nasconde che la partenza dell'iter congressuale è stata «un po' infelice»: «sembrava - denuncia - che il problema fosse evitare che tornassero 'quelli di prima'. Franceschini ha presentato il programma con Fassino, Marini, Fioroni e altri. Tutti quelli di prima, insomma. Il che va benissimo, ma molti sono miei coetanei. Ho detto scherzando a Dario: potevi sottolinearlo che ce l'avevi solo con 'quello' di prima, cioè con me».

«Bersani è il cambiamento» - L'ex premier invita quindi i big del partito ad assumersi «tutte le responsabilità che ci competono. Il gruppo dirigente che ha guidato il Pd, e che in gran parte sostiene Franceschini, non può non fare i conti con la realtà». Insomma, «un grande partito che ha sulle spalle due sconfitte piuttosto pesanti normalmente cambia. E il cambiamento è Bersani».

Primarie PD - L'ex ministro degli esteri non risparmia critiche ai concorrenti di Bersani alla segreteria: Marino, dice, «ha sbagliato a candidarsi». Di Franceschini, pur riconoscendo che «si è battuto alle Europee per un risultato che ha arginato il crollo», D'Alema non ha condiviso «le motivazioni che ha utilizzato per candidarsi, mi è parso un momento di divisione e non di unità del partito».

Infine, la legge sul conflitto di interessi: «Avremmo dovuto portare a casa una legge seria - ammette D'Alema, all'epoca premier -. Non riuscimmo a vararla ma non sarebbe giusto addossarne a me la colpa. Sono quello che ci provò con maggiore impegno». Dunque, «giusto rilanciare il conflitto d'interessi, purché la riflessione non diventi occasione per messaggi allusivi da battaglia congressuale».