27 aprile 2024
Aggiornato 03:00
Senteza della Cassazione

Droga tra studenti? Non si può condannare il preside

Aveva sottovalutato il problema ma non merita un anno di carcere

ROMA - Il preside non può essere condannato per violazione delle leggi sugli stupefacenti se gli studenti organizzano «droga party« nei bagni della scuola. La Cassazione invita i giudici di Milano a non estendere troppo i confini della responsabilità penale e annulla senza rinvio la condanna a un anno di carcere che era stata inflitta al preside di un liceo di Rho con l'accusa di «aver agevolato l'uso di stupefacenti».

I giudici della sesta sezione penale della Corte, con la sentenza 27504, spiegano che in questo caso non è possibile ricorrere ad una specifica ipotesi i reato prevista dalla legge sugli stupefacenti, la 309 del 1990. In particolare la Corte d'appello milanese aveva ritenuto il preside colpevole sulla base dell'articolo 79 di quella legge secondo il quale deve essere punito «chiunque, avendo la disponibilità di un immobile, ambiente o veicolo idoneo lo adibisce o consente agli altri di adibirlo a luogo di convegno abituale di persone che si diano all'uso di sostanze stupefacenti».

In sostanza, se qualcuno «rende la vita comoda» a chi fa uso di stupefacenti mettendo a disposizione luoghi o perfino un'auto, va incontro ad una condanna. Da qui la decisione dei giudici di merito per i quali dal momento che il preside non aveva fatto nulla per bloccare il consumo di droga da parte degli studenti che si servivano dei bagni della scuola, la condanna era più che meritata. Di tutt'altro avviso la Cassazione che ha ricordato come, per qualsiasi reato, è necessaria «la coscienza e la volontà di commetterlo».

In sintesi, ha spiegato la Corte in base agli elementi di prova analizzati dalla sentenza d'appello, il preside non ha «deciso» di mettere la scuola a disposizione degli studenti che facevano uso di droga, ma più semplicemente ha avuto un «comportamento passivo che evidenzia una mancata presa di coscienza dell'effettiva gravità del problema». Non solo, ciò che la Cassazione deduce è anche «l'incapacità» del preside a «porre rimedio alla cessione e al consumo di droga all'interno dell'istituto attraverso l'adozione di misure efficienti di contrasto». Insomma, sembra eccessivo condannare ad un anno di carcere chi non si impegna abbastanza sul lavoro.