25 aprile 2024
Aggiornato 02:00
GIUSTIZIA

Napolitano media su caso Alfano-Csm: «No dimissioni»

Consiglio le rigetta. Colle: «Non delegittimare, riforma a Camere»

ROMA - Finisce al Quirinale lo scontro fra tre consiglieri del Csm e il ministro della Giustizia Angelino Alfano sulle nomine dei magistrati. Al Colle ieri sono saliti prima i componenti dell'ufficio di presidenza del Csm il vice Nicola Mancino, il pg della Cassazione Vitaliano Esposito e il primo presidente Vincenzo Carbone e poi i consiglieri Giuseppe Berruti (Unicost), Vincenzo Siniscalchi (laico di centrosinistra) e Vincenza Maccora (Md).

La mediazione messa in campo dal Capo dello Stato produce subito un risultato: il ritiro delle dimissioni dei tre consiglieri della quinta commissione, annunciate nei giorni scorsi in polemica con il Guardasigilli che aveva attaccato la «logica correntizia» che peserebbe sulle nomine stesse. Lo stesso Csm invita i tre a riprendere le loro funzioni «finora esercitate con trasparenza, equilibrio e responsabilità» e loro rispondono che «molto probabilmente riprenderemo il nostro posto».

Ma a ben leggere tra le righe della nota quirinalizia sono altri due i punti di intesa raggiunti sotto la regia del Colle. Prima di tutto il fatto che nei confronti dei dirigenti degli uffici giudiziari non possono esserci «ingiuste delegittimazioni».

Insomma la critica, in parte comprensibile, ai criteri di scelta non può alimentare «polemiche indiscriminate» nè, si direbbe, chiacchiere da bar. Napolitano invita tutti, dal primo all'ultimo attore del pianeta giustizia, a una riflessione costruttiva nel merito dei criteri in modo da individuare 'best practices' che possano essere adottate. Con il vantaggio di tutti.

Il presidente è convinto che «polemiche indiscriminate circa i criteri in base ai quali il Csm ha proceduto, in attuazione delle nuove e più impegnative disposizioni di legge, alla nomina di un gran numero di dirigenti degli uffici giudiziari possano creare nei confronti di questi ultimi un clima di ingiusta delegittimazione, demotivandone l'impegno». Serve, invece, «una pacata e puntuale riflessione critica sulle più corrette prassi da seguire in questa materia», «sola strada per giungere a risultati positivi nell'interesse generale». Piena condivisione da parte di Alfano alle parole del Capo dello Stato che «rasserenano i rapporti tra istituzioni che hanno il dovere di collaborare». Il ministro si augura quindi che «anche le altre istituzioni e l'Anm prestino lo stesso sincero ascolto alle parole di Napolitano».

Infine c'è il quadro generale dove si inserisce anche quest'ultima tensione tra politica e giustizia. Di nuovo Napolitano chiede che la discussione sui problemi della giustizia e sulla riforma avvenga con un «franco e costruttivo confronto» e soprattutto «nelle sedi appropriate». Insomma «il libero scambio di opinioni» non può trasformarsi in «contrapposizioni esasperate» nè sostituire o «interferire nella fase delle decisioni che spettano al Parlamento».