Giustizia, Napolitano: Riflettere su nomine, no delegittimazione
«Su regole Giustizia sì a confronto, ma decide il Parlamento»
ROMA - Riflettere in maniera «pacata e puntuale» sul sistema delle nomine in magistratura, ma senza che questo «delegittimi» il lavoro del Csm, «demotivandone» i suoi componenti e ledendone il lavoro; per quanto riguarda poi le riforme e i canoni in base ai quali la giustizia deve essere amministrata, va bene il dialogo ma è necessario ricordare che le decisioni finali, in campo legislativo, spettano sempre al Parlamento.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dopo l'incontro avuto oggi con i vertici del Csm e i consiglieri 'dimissionari' dalla V commissione, Giuseppe Maria Berruti, Vincenza Maccora e Vincenzo Siniscalchi, ha preso posizione in difesa dell'operato dell'organo di autogoverno della magistratura, invitando tutti a riflettere e moderare i toni.
«Polemiche indiscriminate circa i criteri in base ai quali il CSM ha proceduto, in attuazione delle nuove e più impegnative disposizioni di legge, alla nomina di un gran numero di dirigenti degli uffici giudiziari - si legge in una nota diffusa dal Colle - possono creare nei confronti di questi ultimi un clima di ingiusta delegittimazione, demotivandone l'impegno. Una pacata e puntuale riflessione critica sulle più corrette prassi da seguire in questa materia, è invece la sola strada per giungere a risultati positivi nell'interesse generale».
Inoltre, si legge sempre nel comunicato del Quirinale, «è convinzione del Presidente della Repubblica che sui molteplici problemi relativi allo stato attuale dell'amministrazione della giustizia e alla sua riforma si imponga finalmente un franco e costruttivo confronto, nelle sedi appropriate, tra tutte le istanze istituzionali interessate, nel reciproco rispetto. Il libero scambio di opinioni, e l'espressione di divergenze sulle soluzioni da adottare - conclude il comunicato non dovrebbero dar luogo a contrapposizioni esasperate né interferire nella fase delle decisioni che spettano al Parlamento».