28 marzo 2024
Aggiornato 21:30

Referendum, no Pdl-Lega a election day. Fini insiste, Pd attacca

Presidente Camera: «Governo non deve cedere alla paura di pochi»

ROMA - La maggioranza esclude l'ipotesi di accorpare il referendum all'election-day, il vertice tra Pdl e Lega a palazzo Grazioli sembra confermare le indicazioni della vigilia che davano per scontato un accordo in questo senso, ma se era scontata la reazione del Pd, che accusa Silvio Berlusconi di cedere al «ricatto» del Carroccio, meno prevedibile era la replica di Gianfranco Fini. Il presidente della Camera, nella serata di ieri, ha diffuso una nota per chiedere ancora una volta al Governo di ripensarci, sottolineando che sarebbe «un peccato» sprecare soldi per «paura di pochi». Dice Fini: «Sarebbe un peccato se per la paura di pochi il Governo rinunciasse a tenere il referendum il 7 giugno, spendendo centinaia di milioni che potrebbero essere risparmiati».

In realtà, nessuno ormai riteneva probabile un accorpamento del referendum all'election day del 7 giugno. La Lega nei giorni scorsi aveva chiaramente fatto capire che su questo punto non avrebbe accettato forzature e il vertice di ieri nella residenza romana di Berlusconi ha confermato che anche il premier non aveva intenzione di arrivare alla rottura con il suo alleato. Del resto, già prima dell'incontro il capogruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri invitava «tutta la maggioranza» a sostenere l'ipotesi di accorpare i referendum al ballottaggio delle amministrative fissato per il 21 giugno e lo stesso Gasparri insieme a Fabrizio Cicchitto, al termine del vertice con la Lega presieduto da Berlusconi, ha spiegato che le date possibili sono ormai solo due, il 14 giugno o il 21, rilanciando la palla all'opposizione: «Consulteremo l'opposizione», hanno detto.

Del resto, fissare il referendum il 21 giugno non è operazione semplice. La legge prevede che il voto si svolga in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno e per superare questa data sarebbe necessario cambiare le norme, verosimilmente con un decreto. Soluzione che potrebbe trovare qualche perplessità al Quirinale e, comunque, l'ostilità dell'opposizione. Non a caso Roberto Calderoli, ammette: «Però per far questo (per far votare il referendum il 21 giugno, ndr) c'è necessità di un provvedimento legislativo; il ministro dell'Interno è incaricato di svolgere una consultazione tra forze di maggioranza e opposizione per arrivare a un largo consenso rispetto a questa decisione».

Ma se Pier Ferdinando Casini si dice pronto ad accettare qualunque data decida il Governo, il Pd replica attaccando il premier. «Berlusconi - dice Franceschini - ci tiene tanto a far sapere ai cittadini che lui comanda e decide; poi, però, si piega sempre ai ricatti di Bossi. Gli italiani devono sapere che pagheranno inutilmente centinaia di milioni di euro in un momento in cui tutte le risorse del Paese servirebbero all`emergenza in Abruzzo e a fronteggiare la crisi economica. Questo è il costo della scelta di non fare l`election day, accorpando elezioni europee, amministrative e referendum».