Berlusconi battezza il Pdl: Avremo il 51%
«Il Pd non è democratico. Noi baluardo della libertà»
ROMA - Parla per quasi un'ora e mezza, inizia dicendosi «emozionato» e battezza il «Popolo della libertà« che vuole «puntare al 51%». Silvio Berlusconi apre i lavori del congresso che segna ufficialmente l'esordio del nuovo partito nato dalla fusione di Fi e An e tiene un discorso in cui traccia il profilo della nuova formazione, attacca più volte la sinistra e il Partito democratico («che democratico non è«) e concede solo pochi passaggi ai temi dell'agenda politica, a cominciare dalla crisi economica, alla quale il Governo risponde con la «verità dei fatti contro il catastrofismo della sinistra».
FINI - E dopo il battibecco di due giorni fa sul lavoro dei parlamentari, il premier spende parole di elogio per Gianfranco Fini («Ha contribuito in modo decisivo a scrivere insieme a noi questa pagina di storia«) e cita anche il presidente americano Barak Obama, parlando della «audacia della speranza: è un auspicio che sottoscriviamo con convinzione». Per il primo giorno di lavori al congresso del Pdl la scena è riservata al premier. Ad introdurlo viene chiamata sul palco la giovane deputata Annagrazia Calabria. Poi tocca a lui, che celebra «l'avverarsi di un sogno, la nascita del Pdl».
Bossi viene citato proprio all'inizio del discorso, per ricordare che è l'unico politico esterno al Pdl presente in sala: «Oggi c'è stima e affetto. Ciò che a volte appare, state sicuri che non corrisponde a sentimenti che ci accomunano che sono profondi e veri». Quindi, il premier spiega come lui ha pensato il nuovo partito: un «baluardo della libertà», perché la libertà sarà «la nostra religione laica»; un partito che si prefigge di realizzare «una rivoluzione liberale, borghese, moderata e interclassista». Il pantheon citato dal premier comprende Thomas Jefferson, Alcide De Gasperi, don Sturzo, George Washington, ma anche Bettino Craxi, Giuseppe Tatarella. E se queste sono le radici del Pdl, la «famiglia naturale», a livello europeo, non può che essere «il Ppe», assicura il premier.
La sinistra e il Pd occupano una parte importante del discorso del premier, ed è inutile dire che sono giudizi negativi quelli che Berlusconi dà: la sinistra «non è mai cambiata», il Partito democratico «democratico ancora non è»; Veltroni aveva suscitato speranze al Lingotto, ma «è bastato un attimo perché anche quel bluff si disvelasse perché il Pd è tornato agli antichi rituali di sempre alleandosi con l'estremismo giudiziario e sindacale». Non solo, rivendica il merito di avere fermato una «sinistra-Armata rossa» che dovrebbe «chiedere scusa agli italiani».
Berlusconi saluta Benedetto XVI, attacca lo «stato-Moloch» che invece è una «concezione della sinistra», ringrazia gli italiani che «mi hanno a lungo rinnovato la loro fiducia», cita la Resistenza e la Costituzione (anche se boccia il «patriottismo costituzionale fine a sé stesso«) e afferma che quello di centrodestra è «l'unico governo oggi possibile in Italia». E, prima di chiamare sul palco gli altri leader, avverte: «il destino del Pdl dipende dalla capacità del governo di rispondere alla sfida della crisi economica che grava sul paese».