24 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Maggioranza e opposizione cercano «punti in comune» sul testamento biologico

Biotestamento, appello di Bossi. Pd e Pdl cercano punti comuni

Uno sforzo accolto positivamente dal presidente del Senato Renato Schifani e benedetto da Umberto Bossi

ROMA - Maggioranza e opposizione cercano «punti in comune» sul testamento biologico. Sono passati mesi da quando il tema è arrivato in Parlamento. La vicenda di Eluana Englaro ha fatto deflagrare polemiche tra schieramenti e divergenze al loro interno. Ma a ridosso dell'avvio del voto nella commissione Sanità del Senato - martedì pomeriggio - si cerca ancora una mediazione su uno dei disegni di legge più scivolosi della legislatura. Uno sforzo accolto positivamente dal presidente del Senato Renato Schifani e benedetto da Umberto Bossi.

«Bisogna assolutamente trovare un accordo», afferma il leader della Lega, memore della vicenda personale seguita ad un ictus. Come? «Ragionando», taglia corto. Le conclusioni sul testamento biologico «sono a portata di mano», chiosa Fabio Rizzi. «L'intervento di Umberto Bossi, da buon saggio e mediatore, è stato determinante per questo accordo per il quale ormai i tempi sono assolutamente maturi», secondo il senatore leghista. Che i margini per una mediazione siano relativi, in realtà, è nei fatti. E nelle parole. Quelle relative al vero scoglio di tutta la vicenda, la possibilità di sospendere alimentazione e idratazione artificiali ad un paziente grave.

Sul punto, il Pdl è compatto per il 'no', salvo rare eccezioni, mentre il Pd - dove 'teodem' e radicali si trovano fianco a fianco - non riesce a trovare una linea univoca, anche se molti sposano il 'sì'. Imporre l'alimentazione forzata «non è da Paese civile», ha detto oggi Massimo D'Alema, e una legge come quella che propone il Governo «è mostruosa». Il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, spiega che per il partito «ci sono principi non negoziabili», uno dei quali è, appunto, quello della nutrizione da garantire a tutti. C'è un nodo, però, che, se sciolto, potrebbe spianare la strada a soluzioni condivise. E' la questione - dirimente anche per l'anima cattolica e moderata del Pd - del consenso informato.

Il partito di Franceschini ha presentato un emendamento per sostenere che l'attività medica è «sempre subordinata all'espressione del consenso informato» del paziente. Principio, in verità, già sostenuto dalla convenzione internazionale di Oviedo, che, però, era di fatto messo in discussione dal ddl di maggioranza. La proposta viene prima affossata dal relatore Raffaele Calabrò («Inaccettabile«). Poi, nel corso della giornata di ieri, si sono aperti spiragli di dialogo. Nel partito si levano voci - come quella della 'teodem' Emanuela Baio - che ammettono che l'emendamento può essere scritto meglio.

Il vicepresidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello spiega che la maggioranza è disposta ad accogliere l'idea, basta che non si voglia introdurre surrettiziamente il principio di eutanasia. Se il principio di non imporre trattamenti sanitari a un paziente contro la sua volontà «viene accolto - afferma Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd a Palazzo Madama - credo che i lavori possano e debbano andare avanti in uno sforzo vero di confronto tra maggioranza e opposizione».

Prove di dialogo che si riproporranno dopo il fine settimana. Martedì mattina, prima dell'inizio del voto, riunione informale dei capigruppo al Senato per «concordare possibili punti in comune tra il testo e gli emendamenti», annuncia il presidente della commissione Sanità Antonio Tomassini (Pdl). Protesta la radicale Donatella Poretti: «Non capisco il perché di una riunione informale in una sede formale».