25 aprile 2024
Aggiornato 05:30
Dopo 65 anni il pericolo iprite persiste ancora nelle acque adriatiche

«Il mare pugliese è un pattume bellico»

Codici: «Dopo la diossina dobbiamo aspettarci l’emergenza iprite nel pescato?»

La notte del 2 dicembre 1943, un bombardamento tedesco colpì il porto di Bari. Le navi ancorate nel porto della città pugliese cariche di circa 38.000 tonnellate di materiale bellico, principalmente bombe all’iprite, furono annientate dalla «Luftwaffe. Per molto tempo la presenza del carico riversato in mare è stato sconosciuto a chi di mestiere vive costantemente a contatto con il mare.

Tra gli anni 98-99, l’Istituto per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (I.C.R.A.M.) ha compiuto indagini in mare, per un tratto esteso per 10 miglia nautiche e che si trova a 35 miglia al largo di Molfetta. Dal rapporto finale si evince la presenza di bombe a mano, da aereo, da mortaio, mine, quasi tutte a «caricamento speciale» in quei fondali. Ma cosa provocano all’ecosistema marino e agli organismi che ne vengono a contatto? L’agente chimico presenti in sostanze come l’iprite, provoca nell’uomo sintomi quali bruciore, edema, congiuntiviti, congestioni in naso, gola, trachea e bronchi, danni polmonari cronici , asfissia, le alterazioni genetiche.

La presenza di queste sostanze danneggia l’ecosistema, così i pesci dell’Adriatico potrebbero contenere tracce di arsenico e derivati dell'iprite. «Dopo aver ricevuto le segnalazioni al nostro sportello di Molfetta ,abbiamo subito fatto richiesta dei dati in possesso dell’ARPA e dell’I.C.R.A.M» - dichiara Valentina Coppola Resp.Ambiente del CODICI e continua – « il nostro intento è di fare chiarezza sulla faccenda per evitare da un lato allarmismi inutili, dall’altro un ennesima ‘emergenza alimentare’ come quella verificatasi recentemente per la diossina.»