25 aprile 2024
Aggiornato 09:00
Partito Democratico

«Ora un Congresso vero»

Estratto dall'articolo del senatore Stefano Ceccanti pubblicato su Il Riformista

«Il discrimine è quello del concetto di partito «a vocazione maggioritaria» su cui bisogna distinguere, rispetto alle Politiche 2008, tra «sostanza» e «accidente». Sostanza, è una forza politica che propone un'unione personale tra segretario e Premier, che seleziona gli alleati in positivo rispetto a un primato del programma, dentro un sistema che incentiva il «voto utile» per il Governo. Accidente, è invece la concreta coalizione realizzata, molto ristretta a causa del fallimento di quella eterogenea precedente, nonostante il lavoro di Romano Prodi, senza il quale il Pd non sarebbe mai nato. Proseguire su quella strada significa confermare la sostanza, ripartendo non dalle alleanze sullo scacchiere politico, ma da un rapporto con la società italiana che ha apprezzato la novità, ma che non si è ancora fidata fino a giungere al voto. E' qui in gioco non solo il posizionamento sull'asse destra-sinistra, ma anche quello della collocazione sull'asse centro-periferia alla ricerca di un'alternativa tra il centralismo fallimentare e spinte egoistiche disgreganti».

Lo scrive il senatore del Pd Stefano Ceccanti in un articolo oggi pubblicato su Il Riformista. «Per non parlare poi - continua - della linea di frattura sul rapporto tra democrazia diretta e rappresentativa, dove alla visione della Pdl di una democrazia che tende a esaurirsi nella delega è opposta dal programma del Pd, e in particolare dalla reiterazione del sostegno al sistema elettorale francese, quella di una democrazia immediata con nuovi equilibri e garanzie. A me non sembra che su questa visione (...) ci sia un consenso generale. Non lo vedo quando leggo in queste settimane le trasparenti e convergenti analisi di Gualtieri e Tabacci (...) che affermano con chiarezza che un'alternativa all'attuale centrodestra possa essere rappresentato solo da un'alleanza tra «red» e «white» distinti e distanti, meglio in grado, proprio perché non «confusi», di rappresentare un ritorno ad una logica «parlamentare» (io direi veteroparlamentare), magari con la cessione della premiership al partito minore alleato indispensabile.

Lo vedo ancor meno quando da altri osservatori si afferma che il rischio di una «grande coalizione» che giunga sino a Berlusconi, le cui possibilità aumenterebbero esponenzialmente con un sistema proporzionale puro, sarebbe un rischio da accettare senza grandi problemi. Se il conflitto è questo, mi sembra controproducente esorcizzarlo vivendo per mesi e mesi in un Congresso strisciante. Meglio dichiararlo e proporlo alla decisione di iscritti ed elettori sulla base dello Statuto del Pd che per differenze di questo tipo propone il Congresso. Oppure ci si spieghi come una soluzione diversa possa portare comunque a non eludere le profonde differenze sul nostro futuro, ma senza negare l'evidenza».