28 agosto 2025
Aggiornato 05:30
Non ci resta che giocare?

Superenalotto: febbre milionaria per gli italiani

Gli italiani ora invocano la “dea fortuna” anche per scongiurare le difficoltà economiche legate alla crisi finanziaria e dell’economia reale

Non ci resta che giocare? Se è vero che tradizionalmente siamo un popolo che utilizza riti e scaramanzie per tentare la fortuna con le scommesse, gli italiani ora invocano la «dea fortuna» anche per scongiurare le difficoltà economiche legate alla crisi finanziaria e dell’economia reale. Secondo il sondaggio realizzato da Confesercenti Swg sui giochi e le scommesse, alla domanda con quale frequenza le è capitato di sfidare la fortuna negli ultimi mesi ai giochi e lotterie più diffusi, ben 25 milioni di italiani (ovvero il 52% della popolazione adulta) ha affermato di consegnare soprattutto i propri sogni di vincita alle ormai star del Superenalotto, (il cui 6 sfugge ancora una volta agli scommettitori), e del Gratta e Vinci. Segue il tradizionale gioco del Lotto, che seduce con le sue estrazioni il 40% degli intervistati, mentre i biglietti delle lotterie nazionali vengono acquistati dal 33% degli italiani. Perde di gradimento il gioco del Bingo, che conquista comunque i desideri dell’11% degli scommettitori italiani. Sempre meno coloro che si danno all’ippica: la «febbre da cavallo» contagia invece solo 8% degli intervistati che scelgono i giochi a base ippica.

L’8% ci prova con il superenalotto almeno una volta a settimana, un altro 6% non si perde un’estrazione settimanale e c’e’ anche un 1% che ogni giorno spende qualche euro in attesa di buone notizie.
Va forte anche il gratta e vinci: il 7% degli italiani-giocatori ci scommette una volta a settimana ed un altro 7% da due a tre volte al mese.
Malgrado la crisi economica la spesa media mensile che gli italiani destinano complessivamente alle ambite vincite resta ragguardevole: il gruzzolo destinato ad essere baciato dalla fortuna è mediamente di 15,6 euro.
Un 4% di italiani, quasi due milioni, però «investe» molto di più: dai 50 ai 150 euro al mese. Mentre un 24% «dedica» ai giochi meno di 5 euro al mese.
Infine, alla domanda di come utilizzare i soldi della fortunata vincita nel caso di una somma di denaro ingente, i sogni di maggiore stabilità e sicurezza degli italiani contro i rischi di un’economia in recessione vengono riposti per il 50% degli intervistati nell’acquisto di una casa, seguito al secondo posto da un 45% che dividerebbe la cifra con i suoi famigliari, mentre un 35% più spensierato e rilassato farebbe un bel viaggio ed un sorprendente 20% non dimenticherebbe chi non è mai stato toccato dalla fortuna, dichiarando che destinerebbe buona parte della vincita in beneficenza.

Scommesse e giochi costituiscono ormai un grande comparto dell’economia italiana in continua crescita (+169% dal 2003 al 2007). Secondo stime di SOS impresa nel 2008 il giro di affari legale sarà di oltre 47 miliardi di euro. Il settore da inoltre lavoro a 150 mila persone.
E l’utile per lo Stato si aggira attorno agli 8 miliardi di euro. Si calcola infine che ogni famiglia italiana spenda per i giochi mediamente circa 1700 euro l’anno.
Inevitabile che le mafie tradizionalmente contigue con il gioco clandestino mettessero gli occhi su questo settore in espansione ed in particolare sulle scommesse on line anche esse in forte ascesa.
Oggi l’attività criminale sui giochi vale 3 miliardi di euro di cui 2,4 gestiti da quella organizzata inquadrata nel 416 bis.
Del resto il gioco con l’enorme liquidità che muove è funzionale all’usura ed al riciclaggio.
Imprese del settore vengono così sottoposte al «pizzo», ma è pur vero che attraverso l’imposizione di videopoker si sono realizzate forme nuove di racket, grazie al fatto che il 60% dei 200.000 videopoker e slot machine sono collocati nei pubblici esercizi e ciò ha consentito l’ingresso degli estortori nei locali.
Va segnalata in particolare una evoluzione inquietante: si è passati nel tempo da una fase meramente predatoria (racket, truffe…) ad una più marcatamente imprenditoriale con l’apertura di società ed agenzie nel settore, gestite direttamente, o attraverso prestanomi, da esponenti legati alle cosche. L’operazione Old Brighe, più di altre, ha messo in luce inrtrecci fra cosa nostra palermitana e le famiglie italo-americane per il controllo delle scommesse sportive.