20 aprile 2024
Aggiornato 02:30
Inceneritore di Settimo Torinese

«Nella provincia di Torino non serve un secondo inceneritore»

Lo studio del Politecnico di Torino conferma le tesi di Legambiente

Alla provincia di Torino non serve un secondo inceneritore. A questa conclusione è giunto lo studio, commissionato nel maggio scorso dalla stessa Provincia, al Politecnico di Torino, per valutare l’opportunità di realizzare un secondo impianto d’incenerimento oltre a quellopresente in località Gerbido. Secondo la valutazione del sistema integrato dei rifiuti solidi urbani realizzata dallo studio, presentato oggi, i buoni risultati ottenuti negli ultimi anni in materia di raccolta differenziata e il trend positivo che si sta verificando anche sulla diminuzione dei rifiuti (seppur ancora troppo bassa) rendono inutile e dannoso un secondo inceneritore per la provincia.

Il principale scopo dello studio del Politecnico di Torino era comparare due scenari: quello previsto dal Piano Provinciale Gestione Rifiuti (PPGR) 2006 in vigore ad oggi (52% di Raccolta differenziata e restante 48% a incenerimento) con quello presentato il 15 settembre scorso a Settimo Torinese da Legambiente, ossia 65% di raccolta differenziata e pre-trattamento del residuo 35% prima di incenerire soltanto la frazione combustibile residua del pre-trattamento.

«Le conclusioni dello studio del Politecnico sono assolutamente chiare sulla maggior convenienza del 65% di recupero di materia, preferibile per tutti i parametri ambientali analizzati (energia, emissioni di gas ad effetto serra, salute umana, qualità dell’ecosistema, preservazione delle risorse). Già questa prima parte – ha spiegato il responsabile scientifico nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani - dimostra quanto da noi sostenuto nel dicembre scorso, ovvero che il secondo impianto di incenerimento non serve».

Sulla base dei dati 2007, infatti, la provincia di Torino ha prodotto 1.179.000 tonnellate di rifiuti con un trend di riduzione della produzione procapite da 531 a 518 kg/anno per abitante ossia del 2,44% in meno. Se questo trend fosse confermato i rifiuti prodotti al 2012 dovrebbero essere inferiori a 1.050.000 tonnellate anno. Il 35% di rifiuti non differenziati e quindi da incenerire, sarebbe pari a 367.000 tonnellate anno, un dato che dimostra l’inutilità di un secondo impianto soprattutto alla luce del sovradimensionamento di quello del Gerbido che è stato autorizzato ed aggiudicato in gara d’appalto per 421.000 ton/anno, con una flessibilità di funzionamento del 15%.

Per quanto riguarda le raccolte differenziate, la provincia di Torino nel corso del 2007 è passata dal 41,2% al 46,5% con un balzo di oltre cinque punti percentuali. Un trend positivo che, qualora fosse mantenuto, consentirebbe di raggiungere realisticamente il 65% di RD addirittura in anticipo sui termini di legge. Per quanto concerne i maggiori costi delle raccolte differenziate da mettere in atto per passare dal 50% al 65% lo studio del Politecnico evidenzia che le risorse economiche disponibili sono di 17,463 milioni di euro all’anno che secondo Legambiente, sarebbero abbondantemente sufficienti, in quanto pari a circa 109 euro per ogni tonnellata di raccolta differenziata in più.

Sulla seconda parte della proposta di Legambiente, ossia che venga introdotto nel ciclo integrato dei rifiuti il pre-trattamento prima dello smaltimento finale, il Politecnico ha esaminato due diverse ipotesi: quella di una discarica incontrollata ossia senza captazione di biogas e quella di un trattamento meccanico biologico tradizionale finalizzato a produrre frazione organica stabilizzata destinata a discarica e frazione secca destinata ad incenerimento. Al contrario della prima quest’ultima ipotesi porterebbe benefici sulle emissioni di gas ad effetto serra, sulla salute umana, sulla qualità dell’ecosistema, sacrificando un 5% di energia.

Ma nello studio emerge con evidenza che se si introducesse un pre-trattamento basato su una vagliatura seguita da una digestione anaerobica con produzione ed utilizzo di biogas della parte vagliata stimabile nel 45% del rifiuto residuo, ossia circa 170.000 tonnellate anno, si avrebbero performance ambientali positive su tutti gli indicatori compresa la parte energetica, qualora si voglia privilegiarla nelle scelte strategiche. Il Politecnico, coerentemente ai suoi compiti di ricerca, non definisce gli aspetti economici di questa soluzione che rimanda ad uno studio successivo. Legambiente è convinta che questa sia la scelta da privilegiare perché consente le migliori performance ambientali, con costi anche migliori rispetto ad altre.

Si evidenzia anche che in questo scenario il materiale da avviare ad incenerimento sarebbe al massimo di 200.000 tonnellate anno che consentirebbe di avere una disponibilità nel forno del Gerbido del 52% (abbiamo sempre sostenuto il sovradimensionamento di quell’impianto).
«In conclusione, nel ringraziare i prof Genon e Blengini e tutti coloro che hanno lavorato con onestà intellettuale affinché si potesse disporre di uno strumento scientifico di rilievo per poter definire con maggiore chiarezza le scelte future della programmazione dei rifiuti, ribadiamo che il secondo inceneritore in Provincia di Torino non serve, servono invece ulteriori approfondimenti sulla fase del pre-trattamento dei rifiuti da incenerire – commentano Vanda Bonardo e Michele Bertolino, presidente e responsabile rifiuti di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – Alla luce dello studio del Politecnico richiediamo alla Provincia di Torino di avviare immediatamente una revisione del PPGR 2006 con l’ausilio dello studio già fatto, sviluppandone gli approfondimenti necessari. Evidenziamo anche che i tempi per ulteriori studi e discussioni sono evidentemente disponibili e quindi auspichiamo che nessuno evochi, come fatto durante il dibattito del dicembre del 2007, lo spettro dell’emergenza; sarebbe a questo punto un atteggiamento irresponsabile ed ingiustificato».