23 agosto 2025
Aggiornato 08:00
Barack Obama non era mai entrato nello Studio Ovale

Obama alla Casa Bianca

Ad aspettare Obama c'è l'ultimo inquilino della White House, George W. Bush

Nelle sue precedenti visite alla Casa Bianca, Barack Obama non era mai entrato nello Studio Ovale. Il cuore dell’intero edificio costruito più di duecento anni fa dalla manodopera degli schiavi, era stato sempre il limite estremo oltre cui ogni visita del giovane senatore afroamericano doveva fermarsi. Ora, però, il mandato consegnato al futuro presidente degli Stati Uniti da quasi il 53% degli americani ha permesso che anche quell’ultima porta si aprisse.

Ad aspettare Obama c'è l'ultimo inquilino della White House, George W. Bush. Colui che quattro anni fa, quando strette la mano al neo-eletto al Congresso invitato alla Casa Bianca, si fece spruzzare un disinfettante sulla mano. Premura che poi Bush offrì ad Obama, il quale ha ricordato l'episodio nella sua autobiografia: «Non volli sembrare poco igienico, mi feci spruzzare anch'io».

I tempi, chiaramente, sono cambiati. I ruoli pure. L'America sta vivendo una delle fasi più difficili della sua storia. L'economia trema e i cittadini hanno paura. Sia George che Barack sanno di avere poco tempo a disposizione per evitare il peggio, sanno che devono mettere da parte rivalità e acredini (tanto sottolineate in campagna elettorale) e pensare all'immediato futuro.

Obama entrerà in carica solo il prossimo 20 gennaio. Il tempo che lo divide dal pieno possesso dei poteri spettanti ad ogni presidente dovrà essere utilizzato nel modo migliore da Bush. Già il piano da 700 miliardi di dollari per salvare il sistema finanziario ha limitato il campo d'azione della futura amministrazione democratica, ma le urgenze sono troppe e gli elettori esigono risposte.

Le prime sono quelle che hanno trovato spazio negli argomenti di dibattito tra il nuovo e il vecchio presidente. Barack Obama ha chiesto a George Bush aiuti immediati per le famiglie e per far fronte alla grave crisi dell'industria automobilistica di Detroit. Il presidente eletto – rivelano infatti il 'New York Times' e il 'Wall Street Journal'- ha affrontato con il presidente uscente il problema della crisi del settore automobilistico statunitense e gli ha chiesto di agire con rapidità per evitare il peggioramento. La richiesta arriva nel momento in cui il Congresso ha cominciato a muoversi per garantire all'industria automobilistica di Detroit l'accesso ai fondi federali del piano di salvataggio Paulson. Un'azione resa necessaria anche alla luce del peggioramente della situazione che si è avuto lunedì con le notizie in arrivo da General Motors: perdite nette nel terzo quadrimestre per 2,5 miliardi di dollari di perdita, l'intenzione di ridurre la pianta organizzazione a 5.000 persone e perdite a Wall Street del 22,9 per cento, come non si vedevano dal 1946.

Oltre alla crisi finanziaria, al centro del faccia a faccia tra i due presidenti, c'è stato spazio anche per la politica estera e, soprattutto, per Guantanamo. Obama è deciso a chiudere la prigione della vergogna e a trasferire i detenuti negli Usa per sottoporli a processo. Bush su questo punto, come su tutto ciò che è stato approvato dall'amministrazione repubblicana per la lotta al terrorismo, non sembra voler cedere. Purtroppo però, per il presidente uscente non rimangono ancora troppi margine di manovra e il team di transizione del presidente eletto ha già definito una lista di circa 200 provvedimenti dell'amministrazione Bush da eliminare non appena il nuovo presidente si insedierà alla Casa Bianca il 20 gennaio del prossimo anno. A quel punto sarà Obama a decidere.

G.R.