20 aprile 2024
Aggiornato 06:30
Nessun disgelo tra gli schieramenti alla vigilia della Capigruppo congiunta

RAI - Consulta: Niente disgelo, oggi ultima chance per l'intesa

Maggioranza e opposizione rimangono arroccati sulle rispettive posizioni

Nessun disgelo tra gli schieramenti alla vigilia della Capigruppo congiunta che dovrebbe sciogliere i nodi Vigilanza e Consulta. «Un muro contro muro verniciato di arancione per farlo vedere meglio», ironizza Roberto Rao, componente centrista della commissione di Vigilanza. Metafore colorite a parte, maggioranza e opposizione rimangono arroccati sulle rispettive posizioni, segnando se possibile una distanza maggiore rispetto alla scorsa settimana, nonostante l'aut aut dei presidenti delle Camere.

L'impressione è che nessuno sia interessato a fare il primo passo, che sarebbe il segno, adesso, di una resa nei confronti dell'avversario. A far arenare le speranze di un dialogo ci pensa Antonio Di Pietro, che boccia senza appello l'ipotesi di un 'rosa' di nomi da presentare e fa ribadire ai suoi l'impossibilità di cedere all'eventualità che sia la maggioranza a scegliere il candidato, seppur tra pochi esponenti individuati dalle opposizioni. «Un nome in qualche modo 'benedetto' da parte della maggioranza è indebolito perchè parte con un profilo di minore autonomia», spiega il capogruppo alla Camera Massimo Donadi. Sposa in pieno la linea dell'ex pm Felice Belisario, presidente dei senatori dipietristi: «se vogliono un'opzione a quella di Leoluca Orlando gli diamo quella di Orlando Leoluca Cascio». La maggioranza, da parte sua, ribadisce la contrarietà ad Orlando.

Il «non se ne esce» tombale di Berlusconi, la scorsa settimana, non faceva prevedere un lieto fine, e i capigruppo del Pdl sono intenzionati ad applicare la linea dura: «Domani (oggi ndr) l'opposizione dovrà arrivare con una rosa. Se si rifiutano o insistono sul nome di Orlando, sul quale è impossibile trovare la nostra convergenza - sottolinea Italo Bocchino, vice capogruppo del Pdl alla Camera - non potremo che farci carico dalla situazione ed eleggere un esponente dell'opposizione con i nostri voti. Così, si rispetta la prassi e si sbloccano le istituzioni». Di fronte al rischio di un Parlamento impossibilitato a legiferare, è l'opinione che va per la maggiore nei corridoi del Palazzo, il Pdl andrà alla prova di forza contando sulla sua autosufficienza, votando un esponente dell'opposizione per San Macuto (si parla, tra gli altri, del radicale Marco Beltrandi, unico del gruppo del Pd che non dovrebbe lasciare la poltrona) e il 'suo' giudice costituzionale: mettere quest'ultima scelta sul tavolo della trattativa, spiega Bocchino, «era una mano testa all'opposizione per farla ragionare». Interviene anche il sottosegretario Paolo Romani, secondo cui il nodo è tutto «politico». Nodo che non si scioglie con le convocazioni a oltranza e non può prescindere dal vertice di Viale Mazzini, anche perché «se non c'è accordo tra opposizione e maggioranza si rischia di eleggere quindi il presidente della Vigilanza, ma non il presidente Rai«

L'impressione, dunque, è che oggi si andrà verso una nuova fumata nera. L'ultima concessa da Fini e Schifani, che hanno promesso convocazioni a oltranza delle Parlamento per uscire dall'impasse. Tuttavia, avverte il presidente del Senato, questo non si tradurrà con un blocco delle Camere: «Il Parlamento ha degli obblighi, dei doveri costituzionali da assolvere quali l'esame dei decreti legge e della Finanziaria: ce lo impone la Costituzione». Intanto, qualcosa si muove in casa radicale: mentre raggiungono quota 530 le firme all'appello, si sono aggiunti anche il presidente emerito della Repubblica Scalfaro e l'ex presidente del Senato Marini, Marco Pannella decide di sospendere lo sciopero della sete e si concede un bel gelato. Grb

Fonte: Apcom