19 aprile 2024
Aggiornato 08:00
retailer vs e-commerce

Perchè non sarà un robot a rubarci il lavoro, ma Amazon

L’intelligenza ci asseconda, ma ci rende schiavi. E schiaccia sotto il peso della tecnologia tutti i retailer tradizionali che non possono competere con gli immensi database che Big Company come Amazon dispongono al loro interno

Perchè non sarà un robot a rubarci il lavoro, ma Amazon
Perchè non sarà un robot a rubarci il lavoro, ma Amazon Foto: ANSA

MILANO - Amazon e tutte le altre Big Company che stanno puntando sui Big Data e sull’intelligenza artificiale, il vero patrimonio del futuro, che porterà le aziende leader ad accaparrarsi praticamente tutti i settori, entrando nelle abitudini dei consumatori, dove, sì, l'utente diventa il punto centrale. Il soggetto capace di determinare le azioni delle Big Company e contemporaneamente assoggettato alle azioni delle stesse.

Tutto e subito
L’economia ‘on demand’ sta rivoluzionando il nostro modo di consumare. Grazie alla tecnologia possiamo avere tutto e subito. Possiamo avere anche ciò che non credevamo di volere. L’intelligenza artificiale esaudisce i nostri desideri come il genio della lampada di Aladino e grazie ai nostri desideri studia i nostri comportamenti. Solo che non lo chiamiamo ‘genio’, ma Alexa, l’assistente virtuale di Amazon: un cilindro nero, lucido, che sta appoggiato al tavolo del soggiorno come un oggetto di design.

Tra me e Alexa
«Come sono le previsioni del tempo stasera?», una voce suadente risponde: «Il cielo è nuvoloso, potrebbe piovere tra qualche ora». Marta, 35 anni, apre le ante della sua cabina armadio e sceglie un giubbotto di pelle (forse avrebbe optato per uno spolverino se Alexa non l’avesse aggiornata sulle condizioni meteo). Marta, però, ha fame e, prima di uscire, ha voglia di mettere qualcosa sotto i denti: «Alexa, apri l’applicazione Domino’s e ordinami una pizza». L’assistente virtuale di Amazon risponde: «Pare che il tuo ordine abbia un unico prodotto, una pizza cacio e pepe extralarge. Lo vuoi confermare?» «», risponde Marta. «Il tuo ordine è confermato. Sarà pronto tra 10-15 minuti». Marta mangia velocemente la pizza: il cacio è filante e la crosta croccante. «Alexa, quante calorie ci sono in una pizza al formaggio?» e l’assistente risponde: «La pizza al formaggio contiene circa 257 calorie ogni 100 grammi».

L’intelligenza artificiale è un buco nero
Alexa è il genio della lampada e di noi sa tutto. Sa che siamo attenti alle previsioni meteo, che amiamo talmente tanto la piazza al formaggio da volerla ordinare sempre. Sa che siamo anche molto attenti alla linea e che, probabilmente, ci servirà sapere quand’è la prossima lezione di cross-fit in palestra. In base al tempo che dedichiamo all’attività fisica potrebbe consigliarci un paio di scarpe nuove o una tuta sportiva. L’intelligenza in questo ci asseconda, ma ci rende schiavi. E schiaccia sotto il peso della tecnologia tutti i retailer tradizionali che non possono competere con gli immensi database che Big Company come Amazon dispongono al loro interno. Capaci di prevedere, consigliare, addirittura determinare le scelte dei consumatori. Come? Attraverso i Big Data che noi gli consegnamo quotidianamente. «Di fronte a una potenza di questo genere, determinata dai Big Data e dall’intelligenza artificiale, tutti gli altri competitor tradizionali saranno presto assorbiti come succede ai corpi celesti di fronte a un buco nero», mi racconta Alessandro Sisti, (Marketing Futurist & Docente Universitario Luiss Business School, Iulm, Università Cattolica, Sole24ore), autore del volume «Digital Transformation War: retailer tradizionali vs giganti del’ecommerce e big data». In uno scenario non così lontano sarà Amazon a fornirci tutto, ma davvero tutto, ciò di cui abbiamo bisogno. Risultato? Scompariranno le forme di lavoro tradizionali.

Più nessun lavoratore
«In uno scenario futuristico non servirà più il nostro lavoro, e sto parlando di tutti i settori, perché saranno le tecnologie in possesso delle Big Company a sostituire le prestazioni che svolgiamo quotidianamente - continua Alessandro Sisti -. Tecnologie che, tuttavia, funzionano grazie a noi, non come lavoratori, ma come consumatori di beni e servizi. Nella mia idea di domani le persone non lavoreranno, ma potranno potenzialmente essere pagate per i dati di fondamentale importanza che stanno trasmettendo ad aziende come Amazon che, su questi dati, hanno e stanno costruendo un vero e proprio monopolio (e colosso)».

Pagati per i nostri dati
L’immagazzinamento di questi dati, infatti, solleva innumerevoli dubbi in merito allo sfruttamento economico e del diritto di proprietà sugli stessi. Di fatto, se viene riconosciuto il diritto di proprietà sui propri dati, allora va da sé che il consumatore deve diventare parte integrante della negoziazione di compravendita e, quindi, in parole povere, avere diritto a un compenso. Ma qual è il suo prezzo? E, soprattutto, come viene stabilito? «Il prezzo dei dati è stabilito dal costante confronto tra domanda (delle aziende) e offerta da parte delle aziende globali digitali - spiega ancora Alessandro -. I dati, che costituiscono il fondamento di ogni decisione di acquisto degli spazi pubblicitari, ricevono una quota dell’investimento complessivo pubblicitario. I banner ed i video che vediamo su un sito durante la nostra navigazione, sono infatti negoziati dagli inserzionisti con piattaforme di trading automatizzate, il c.d Programmatic Advertising, con meccanismi ad asta in tempo reale». E di certo i giganti del web non hanno nessuna intenzione di condividere con il proprietario del dato i benefici economici che ne ricavano».