26 aprile 2024
Aggiornato 06:00
politica

Cosa sono le leggi anti FlixBus

Nel decreto Milleproroghe è finito un emendamento che ostacola i bus low cost di FlixBus nelle tratte interregionali che dovrebbero essere effettuate solo da aziende e non da piattaforme digitali

ROMA - Con le leggi, noi italiani siamo proprio bravi. A non fare chiarezza. Dopo il polverone innalzato dal decreto sull’Home Restaurant e le proteste dei tassisti contro Uber che si sono spalmate su gran parte della penisola, ora un’altra startup rischia di finire nel mirino. E’ la tedesca FlixBus, la piattaforma online per i viaggi in bus low cost, che sbarcata in Italia ha fatto viaggiare più di 3 milioni di passeggeri, collegando ben 120 città. Insomma, un fenomeno che, come accade a tutte le startup digitali che hanno successo e si inseriscono in un vuoto normativo, ha pestato i piedi a qualcuno. Già, perchè ora i bus low cost rischiano. E anche parecchio.

Le norme anti FlixBus
Il problema sta, infatti, in un piccolo emendamento che il Senato ha proposto all’interno del decreto Milleproroghe e che limita ai soli operatori del trasporto, e non quindi piattaforme digitali, l’ottenimento dell’autorizzazione a operare le tratte interregionali. E FlixBus è una piattaforma digitale che si appoggia a un partner sul territorio e non un’azienda che svolge come attività principale quella del trasporto. Una bella gatta da pelare, come si dice in gergo. Anche perchè non c’è più tempo, alla Camera, per mettere mano al Milleproroghe. Il governo, respingendo ogni richiesta di modifica, ha posto la questione di fiducia sul testo che contiene anche le discusse norme su tassisti e ambulanti, e che dovrebbe quindi essere approvato in via definitiva già giovedì.  L’emendamento è stato presentato da quattro senatori del gruppo Conservatori e riformisti, Lucio Tarquinio, Francesco Bruni, Luigi D'Ambrosio Lettieri e Luigi Perrone, ex parlamentari di Forza Italia.

La polemica
Il provvedimento, come da copione, ha scatenato le polemiche tra chi si è detto favorevole, come Giuseppe Vianella, presidente dell'Anav, l'Associazione di Autotrasporto Viaggiatori, secondo cui è giusto dare riferimenti sicuri ai clienti per offrire un servizio migliore, e non solo vendendo biglietti online come fa Flixbus. Un provvedimento fatto per danneggiare l’azienda e al limite del legale secondo Andrea Incondi, AD di FlixBus che aveva ottenuto, tra le altre cose, anche l’autorizzazione a operare da parte del ministero dei Trasporti e dell’Antitrust. Nello specifico l’emendamento rinvia alla fine del 2018 l’attuazione del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile e precisa la clausola delle autorizzazioni, concesse solo a raggruppamenti di imprese guidati da «operatori economici la cui attività principale è il trasporto di passeggeri su strada».

Bloccare l’innovazione
La norma, inoltre, alla luce delle sentenze 22 e 34 del 2012, rischia l’incostituzionalità dato che va a modificare la normativa che da 10 anni regola l’accesso al mercato dei servizi automobilistici di linea interregionale. A tal proposito risulta piuttosto chiaro che l’emendamento può ostacolare un modello di business che può costituire una valida e concorrenziale alternativa nel settore dei trasporti e potrebbe derivare proprio dalle proteste manifestate da parte di tutti quegli operatori che, ancorati a vecchi modelli di business, non riescono ad avere la propria fetta di mercato. Attraverso il meccanismo del prezzo dinamico, come accade per gli aerei, FlixBus riesce, invece, a garantirsi praticamente sempre il mezzo al completo. Nel frattempo alcuni parlamentari starebbero redigendo un testo di controbattuta per evitare che la norma possa generare danni ingenti.