Home Restaurant, Scivoletto: «Questa legge fa brindare le lobby e blocca la sharing economy»
Ora la palla passa al Senato. Intanto l'approvazione del ddl sull'Home Restaurant da parte della Camera ha fatto scoppiare la polemica
ROMA - Questa volta la frotta dell’Home Restaurant punta i piedi davvero. E all’indomani dell’approvazione del ddl alla Camera, quello che colma il gap normativo finora presente nel settore dell’Home Food, scoppia la polemica. Una polemica che scatta una fotografia ben precisa, di quell’Italia che, in barba alla crisi, si è tirata su le maniche, ha stretto le mani all’innovazione e non ci sta alle regole che il Parlamento ha voluto dare.
Una legge che fa brindare le lobby
«Una legge che fa brindare solo le lobby dei ristoratori e che lascia l’amaro in bocca a chi vede vanificati due anni di sforzi diretti a trovare delle regole giuste e corrette per tutti - afferma Giambattista Scivoletto, amministratore del sito www.bed-and-breakfast.it con 16.000 B&B registrati il 30% dei quali interessati all’home restaurant e fondatore di HomeRestaurant.com -. Una legge che impone tanti e tali controlli e limiti che porterà inevitabilmente alla rinuncia di tantissimi aspiranti cuochi casalinghi, soprattutto quelli che più avrebbero portato lustro ed esperienza al settore dell’accoglienza culinaria domestica». A farne le spese sarebbero proprio le nostre massaie, custodi di quella tradizione enogastronomica che si tramandano da decenni, «costrette a dire a chi le chiama al telefono che no, se si vuole assaggiare la parmigiana di melanzane come si faceva una volta bisogna andare sul sito www-punto-punto, prenotare e pagare lì e poi, mezz’ora prima di servire il pasto, collegarsi al sito e dichiararlo, pena multe salatissime».
I limiti della legge
A non andare giù alla frotta dei sostenitori dell’Home Restaurant ci sono i limiti dei 5mila euro sui proventi che si potranno ottenere nell’esercizio dell’attività e il divieto di aprire le proprie cucine all’interno di abitazioni destinate anche ad affitti a breve termine. Così chi si trova in una casa affittata tramite AirBnb, ad esempio, dovrà tassativamente esentarsi dal praticare l’Home Restaurant. Un vincolo, questo, che pone dei seri paletti alla sharing economy: «In questo modo - spiega Cristiano Rigon, CEO di Gnammo - si mettono gli italiani in condizione di scegliere se mettere in gioco le proprie abilità culinarie o utilizzare una stanza in più disponibile in casa».
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Un business da 7 milioni di euro
E pensare che stiamo parlando di un business che solo in Italia, nel 2014, ha mosso un volume d’affari pari a 7,2 milioni di euro. E che - diciamolo - ha forse salvato dal lastrico molte casalinghe. Partecipare a una cena di social eating non è soltanto un’esperienza interessante per il nostro palato, ma un momento da vivere a 360 gradi, per la contaminazione che questi eventi sono in grado di generare. Condivisione, network e formazione. Soprattutto culturale. Ciò di cui l’Italia, in un’ottica di innovazione, ha davvero tanto bisogno.
La palla al Senato
Ma cosa succede adesso? E’ al Senato che spetta l’ultima parola, in considerazione del fatto che alcune norme sono state «rimandate», come quella relativa alla necessità dell’attestato dell’analisi dei rischi e dei punti critici di controllo (HACCP). La Camera ha, di fatto, passato la palla al Ministero della Sanità che dovrà determinare i requisiti cui deve rispondere il cuoco per esercitare l’Home Restaurant. Stesso discorso per la «comunicazione digitale» in sostituzione della Scia. Sarà il Mise, infatti, a stabilire tutte le procedure successive. Insomma, le falle, in questa legge, ci sono. «La nostra speranza - conclude Scivoletto - è che il Senato, dall’alto della sua ritrovata autorità, possa mettere mano ai punti più controversi della Legge e ridarci fiducia nella Politica, quella che finalmente liberi l’Italia dal peso delle corporazioni e la traghetti verso approdi più sensibili e reattivi ai mutamenti dello scenario economico globale».