13 ottobre 2025
Aggiornato 09:00
sharitaly

Sharing economy, cresce del 10% e conquista l'Italia

Quella che inizialmente si apprestava ad essere una vera rivoluzione sta oggi crescendo in modo più graduale, in Italia, ma con un numero sempre più ampio di mercati in grado di coglierne e attivarne il forte potenziale di innovazione

MILANO - Secondo le stime la sharing economy varrà ben 570 miliardi di euro entro il 2025. Una cifra che porta inevitabilmente a credere che, la cosiddetta economia collaborativa, sarà una delle forme di lavoro più comuni nei prossimi anni. BlaBlaCar, Uber, AirBnb, Gnammo. Sono solo alcune piattaforme di sharing economy che hanno spopolato in Italia e nel mondo. Secondo il report di PricewaterhouseCoopers queste piattaforme incasseranno la bellezza dell’85% del valore di mercato, praticamente 487 miliardi di euro.

Crescida solida delle piattaforme sharing
Quella che inizialmente si apprestava ad essere una vera rivoluzione sta oggi crescendo in modo più graduale, in Italia, ma con un numero sempre più ampio di mercati in grado di coglierne e attivarne il forte potenziale di innovazione. Se ieri poteva essere considerata una novità, oggi, è semplicemente un nuovo modello di business. La fotografia è stata scattata dal terzo rapporto annuale de La Mappatura piattaforme collaborative e dal quarto Report sulle piattaforme di crowdfunding, a cura di Marta Mainieri (Collaboriamo) e Ivana Pais (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), presentati in occasione di Sharitaly 2016 | Impatto Sharing, il più grande e consolidato evento dedicato all’economia collaborativa in Italia, in programma a BASE Milano il 15 e 16 novembre.

«Quello che stiamo osservando è che i processi collaborativi si stanno diffondendo con velocità e maturità differenti nei diversi mercati», afferma Marta Mainieri di Collaboriamo. «A partire dai settori più consolidati come il turismo e i trasporti, si sta verificando un progressivo allargamento della sharing economy verso nuove aree potenziali di business, che includono servizi alle imprese e alle persone, ma anche finanzia, cultura, abitare collaborativo ecc».

Crescono trasporti e cultura
Le due ricerche, fra loro complementari, hanno l’obiettivo di fornire un quadro ampio e completo dell’economia collaborativa in Italia. Si calcola innanzitutto che, nel 2016, le piattaforme italiane di sharing economy (comprese quelle internazionali con sede in Italia) siano arrivate a 138 e 68 quelle di crowdfunding, per un totale di 206. Numeri che, rispetto alle 187 complessive del 2015, delineano un incremento pari all’10%. Dalla casa ai trasporti, dal turismo al welfare, fino alla finanza, alla mobilità, alla cultura, al lavoro, alla scienza: emerge in maniera chiara come la sharing economy stia facendo il suo ingresso in un numero sempre più ampio di settori. Nella ricerca le piattaforme di sharing economy censite sono suddivise in 12 settori. Quelli che, rispetto allo scorso anno, vedono un maggior incremento dell’economia collaborativa italiana sono in particolare i trasporti, che rappresentano il 18% delle piattaforme analizzate, i servizi alle persone (16,6%), servizi alle imprese (8,7%), la cultura (9,4%), mentre rimane sostanzialmente invariato turismo (12%).

Cresce il potenziale delle piattaforme di sharing economy
«L’economia collaborativa non è un settore o un modello di business, è un approccio che mette in discussione i rapporti consolidati tra economia e società - prosegue Ivana Pais dell’Università Cattolica di Milano -. In questo momento le piattaforme italiane sono ancora immature ma mostrano una forte attenzione alla dimensione relazionale. E le nostre ricerche hanno permesso di indagare le specificità dei casi di successo, dove l’utilizzo delle piattaforme rafforza il capitale sociale degli utenti». Nonostante l’incremento dell’offerta, la domanda ha ancora molti margini di crescita. Il 51% delle piattaforme di sharing ha un numero di utenti inferiore a 5mila. In compenso l’11% ne registra però oltre 100mila, un numero che inizia a permettere alle piattaforme di innescare circoli virtuosi. Lo stesso vale per le piattaforme di crowdfunding: il 49% ha un numero di donatori inferiore a 500 mentre il 9% supera i 50mila. «D’altra parte, le piattaforme di sharing italiane sono ancora molto giovani, la maggior parte ha poco più di due anni di vita», commenta Mainieri.Nel 2015 il 20% delle piattaforme sharing raggiungeva più di 30mila utenti, ora sono il 31%. Nel 2015 solo il 35% delle piattaforme di  crowdfunding raggiungeva più di 1.000 finanziatori/donatori, adesso l’82%. Mediamente, gli utenti utilizzano le piattaforme sharing per l’83% via internet e per il 17% via app; le piattaforme crowd per l’91% via internet e per il 9% via app.