25 aprile 2024
Aggiornato 13:00
industria 4.0

La startup manifatturiere ottengono più capitali

In ordine ai capitali reperiti dalle startup la ricerca dell'università Bocconi mette in luce come siano quelle sostenute da aziende industriali ad avere un maggiore successo e una maggiore possibilità di reperire finanziamenti

ROMA - Fare startup non significa solamente avere una buona idea. Dopo aver costruito il team solido e realizzato un prototipo validato sul mercato, lo step più importante è la raccolta di fondi. Già, perché il progetto da solo non basta, servono i capitali. In Italia solo il 25% delle satrtup prende l’89% dei finanziamenti, mentre solo il 5% delle società innovative è partecipata da venture capital o private equity. E’ questo il dato che emerge dallo studio condotto da Carmelo Cennamo, docente dell’università Bocconi di Milano e dal suo team.

Tutti i capitali in poche startup
Se da una parte, nel 2014, il totale dei finanziamenti raccolti dalle startup analizzate dalla ricerca (1795 sulle oltre 5mila oggi in registro) si attestava su 149 milioni di euro, 93 milioni in capitale e 56 milioni in debito, e dall’altra il valore del 2015 comporterà ovviamente dei notevoli cambiamenti, il trend resta confermato. Nella pratica la maggior parte dei finanziamenti finisce in poche startup. Nel 2014, infatti, dei 149 milioni, l’89% dei capitali è andato solo a 1 startup su 4. Ciò sta a significare che poche, selezionate startup ricevono finanziamenti molto alti (450.000 in media), mentre la maggior parte raccoglie ben poco. Per quanto riguarda i fondi di venture capital, la quota da questi detenuta all’interno delle startup è solo del 20,3%, a fronte del 46,6% in mano a società industriali. Questo dato è decisamente importante poiché va a confutare la tesi che vede i venture capital come cosiddetti «predatori finanziari» che decidono del destino di una startup tramite le loro quote di maggioranza.

Vince il manifatturiero
Ad andare per la maggiore e quindi raccogliere più investimenti sono le attività manifatturiere. Questo dato potrebbe confermare la tendenza a una nuova forma di co-partecipazione tra venture capitalist tradizionali e corporate venture capital (ovvero società industriali che investono sempre più in attività di venturing quali startup). Il fenomeno è già in forte crescita negli USA, con le aziende che vedono negli investimenti in startup una nuova forma per esplorare nuove idee, fare innovazione, e testare nuovi mercati e prodotti. Inoltre le startup che raccolgono più capitale hanno ricavi (3x), asset (4.3x) e un numero di dipendenti (2x) di gran lunga maggiore rispetto alla media delle altre startup.

Ponte tra tradizione e innovazione
La stessa linea di pensiero vale per l’altro canale di finanziamento, il debito. Anche in questo caso è importante notare la presenza marcata delle società industriali nell’azionariato delle startup che ricorrono di più al debito, con un peso del 46.2% in media verso il 26% nelle altre aziende. Un’analisi generale della ricerca condotta dall’università Bocconi ci porta quindi a ipotizzare che le aziende meglio integrate col tessuto industriale italiano, in buona parte manifatturiero, riesce a raccogliere più finanziamenti e supporto dalle banche; ha maggiori ricavi e asset più forti. In questo contesto gioca un ruolo fondamentale il made in Italy, sul quale anche le aziende estere stanno ultimamente puntando moltissimo. La sfida, già largamente navigata quando si parla di Industria 4.0, è quella di creare un ponte tra le società industriali tradizionali e le startup innovative. Una sfida tosta, ma che ci riguarda tutti.