28 agosto 2025
Aggiornato 00:30
Il 70% degli italiani conosce la sahring economy

L'Italia è pronta alla legge sulla sharing economy?

Un italiano su 4 usa servizi di sharing economy, ma l'amministrazione pubblica si dice restia ad applicare tali soluzioni nel settore pubblico. Ecco cosa prevede la proposta di legge probabilmente in discussione il prossimo autunno.

Proposta di legge Sharing Economy
Proposta di legge Sharing Economy Foto: Shutterstock

ROMA - Il mondo non è più quello di una volta. Cambiano i costumi, cambiano le esigenze e l’approccio dei cittadini nei confronti dell’innovazione. Per quanto l’Italia viaggi a una velocità diversa rispetto al resto dell’Europa e del mondo l’evoluzione tecnologica ha dato da pensare anche all’amministrazione pubblica. In particolare la sharing economy, il modello basato sullo scambio e la condivisione dei beni. A fronte di un utilizzo sempre più smodato di piattaforme come BlaBlaCar, Uber, AirBnb e connessi, cambia il modo di concepire l’economia. E’ in questa direzione che viaggia la proposta di legge in materia di «economia della condivisione» all’esame della Commissione Attività produttive della Camera. Si tratta del primo tentativo in Europa di fornire una cornice quadro alla sharing economy, a firma di Veronica Tentori (Pd) e Mattia Fantinati (M5S). Ma l’Italia è pronta a questa rivoluzione?

Il peso dell’amministrazione pubblica
Di fatto l’amministrazione vive un momento di trasformazione obbligata, prima ancora che dalla norma, dalla realtà socio-economica a cui si riferisce. Secondo un recentissimo studio di Accenture su «L’innovazione del settore pubblico (statunitense) al tempo della We Economy», anche l’amministrazione oltreoceano risulta ancora disallineata rispetto ai cittadini: a fronte di percentuali che arrivano all’87% tra i cittadini che si dicono favorevoli all’adozione di questi modelli da parte del settore pubblico, meno della metà dei dirigenti pubblici afferma che ne prenderà in considerazione l’utilizzo nel corso dei prossimi 10 anni. Meno di 1 su 5 afferma di essere disposto a considerarlo alla stato attuale, pur se la larga maggioranza degli intervistati ne riconosce gli effetti positivi. Il quadro, pertanto, si discosta parecchio da quella che è la percezione del cittadino di fronte a queste nuove piattaforme di condivisione.

La sharing economy in Italia
Uno studio condotto da BlaBlaCar evidenzia come gli utenti si fidino più degli appartenenti alla loro community piuttosto che dei propri colleghi: tendenza che arriva dritta dritta dall’utilizzo sempre più spinto dei servizi di sharing economy. Qui in Italia, infatti, l’economia della condivisione è conosciuta dal 70% della popolazione, con una media di utilizzo di un italiano su quattro e una buona prospettiva di crescita. A spingere gli italiani a utilizzare piattaforme di sharing è spesso la voglia di risparmiare (come avviene nel caso della mobilità condivisa), ma anche il desiderio di provare un’esperienza nuova, emotivamente più coinvolgente (pensate, ad esempio, alle cene offerte dalla startup Gnammo). Le svariate motivazioni si riflettono nella molteplicità degli impieghi: subito dopo i servizi di mobilità (26%) come Uber e BlaBlaCar, il maggiore successo lo registrano i servizi organizzati di scambio e baratto  (10%), i servizi di affitto di camere o case private (9%), servizi culturali (8%) e servizi di prestiti fra privati (4%).

La proposta di legge italiana
L’esigenza è quella di offrire la regolamentazione di un settore molto variegato e per certi aspetti labile, con norme precise da applicare a chiunque e di offrire l’«allocazione ottimizzata e condivisa delle risorse di spazio, tempo, beni e servizi tramite piattaforme digitali», che si tratti di siti web o applicazioni mobile. La proposta prevede 3 punti chiave:

- l’obbligo di iscrizione a un registro degli operatori attraverso cui rendere chiare le condizioni contrattuali;

- il controllo dell’Agcom per tutelare tutte le parti coinvolte;

- la denominazione del reddito percepito da attività di sharing economy come «reddito da attività di economia della condivisione non professionale», a cui applicare un’imposta del 10% per redditi che non superino i diecimila euro;

La proposta di legge, se approvata, potrebbe ridisegnare l’assetto economico del nostro Paese e coinvolgere anche la Pubblica Amministrazione, per quanto questa risulti ancora lontana dal concepire l’utilizzo di queste piattaforme. Se non altro, anche dopo gli scontri verificatisi tra Uber e tassisti, staimo dimostrando di avere un approccio concreto all'innovazione e al cambiamento.