16 ottobre 2024
Aggiornato 03:30
Nonostante la crisi economica

Il biotech continua a crescere in Italia

Presentato a Milano il rapporto Ernst & Young – Assobiotec «biotecnologie in Italia 2010»

MILANO - Viene presentato oggi a Milano, presso la sede di Intesa Sanpaolo (Ca' de Sass - Sala Guicciardi - Via Monte di Pietà 8), il Rapporto ERNST & YOUNG – Assobiotec «Biotecnologie in Italia 2010», realizzato in collaborazione con Farmindustria e l’Istituto nazionale per il Commercio Estero (ICE). Il Rapporto offre una aggiornata fotografia del comparto biotecnologico, analizzandone i trend di sviluppo e i settori emergenti, oltre che i punti di forza e di debolezza.

In occasione della presentazione del Rapporto «Biotecnologie in Italia 2010» interverranno Marco Rottigni - Responsabile Direzione Mid Corporate Intesa Sanpaolo, Pier Paolo Celeste - Direttore Dipartimento Servizi alle Imprese dell'ICE, Antonio Irione - Advisory Life Science Leader Italia ERNST & YOUNG, Sergio Dompé - Presidente di Farmindustria e Roberto Gradnik - Presidente di Assobiotec

319 imprese, per lo più costituite tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000, originate prevalentemente come start-up (nel 53% dei casi) e spin-off accademici (24%); predominano le cosiddette «pure biotech», 187 imprese, che hanno nelle biotecnologie il proprio core business: tra queste spiccano le micro (41%) e le piccole realtà (27%). Emergono per numerosità le aziende dedicate alla cura della salute (red biotech), ben 197 (pari al 61% del totale), dato in linea con la media europea, mentre i settori di applicazione white (biotecnologie industriali - 7%) e green (biotecnologie agro-alimentari - 13%), rivelano un peso percentuale superiore alla media europea. Le imprese si concentrano prevalentemente in sei regioni: Lombardia (36% del totale delle imprese), Piemonte (12%), Toscana (9%), Veneto (8%), Sardegna (7%) e Lazio (6%). Gli addetti sono oltre 50.000, di cui 5800 impegnati in attività di Ricerca & Sviluppo; il fatturato ammonta a 6,8 miliardi di Euro, e gli investimenti in R&S a 1,1 miliardi di Euro. Questi, in sintesi, i numeri del biotech italiano.

Il comparto biotecnologico vede crescere notevolmente la propria capacità di innovare, come dimostrano i 233 progetti e prodotti in sviluppo (di cui 89 in fase di sviluppo preclinico e 144 in clinico), che trovano applicazione terapeutica nelle aree dell’oncologia (36% dei prodotti), dell’infiammazione e malattie autoimmuni (15%) e della neurologia e malattie infettive (entrambi 11%). A questi si aggiungono ulteriori 69 progetti in fase early-stage (o «discovery»), che rappresentano una interessante promessa per il settore per i prossimi anni, e che fanno salire a 302 i progetti e prodotti italiani complessivamente in sviluppo.

«E proprio l'innovazione e la continua ricerca - commenta Antonio Irione, Advisory Life Sciences Leader di ERNST & YOUNG in Italia - rappresentano l'imperativo per le innumerevoli sfide di business imposte dal mercato del biotech. Da anni, attraverso il nostro Global Biotechnology Center, con cui ERNST & YOUNG focalizza risorse, tempo e competenze sul mercato delle biotecnologie, supportiamo le imprese nell’affrontare questa complessità, offrendo loro uno strumento di lettura e anticipazione delle dinamiche internazionali che prendono forma all’interno del mercato. Queste le premesse che ci hanno spinto a voler conoscere più da vicino il mercato italiano che da qualche anno mostra vivacità e prospettive. E lo abbiamo fatto non solo stringendo accordi strategici importanti con Assobiotec, Farmindustria e ICE ma mettendo a disposizione la nostra metodologia di analisi che è diventata la colonna portante di tutto lo studio. Partendo dalla nostra definizione di azienda biotech – prosegue Irione - abbiamo potuto effettuare confronti tra i paesi, riflettere sul futuro di questo mercato e sviluppare punti di vista sulle problematiche di business emergenti. E' emerso un quadro confortante che ci fa notare quanto l'Italia sia attenta alle dinamiche di questo mercato. A dimostrarlo, un dato su tutti, è ad esempio il numero delle aziende italiane del Green Biotech (biotecnologie agro-alimentari) che supera quello di tutti gli altri paesi».

«Il biotech italiano può oggi contare su un consistente numero di imprese che continuano a crescere e a generare valore e occupazione, nonostante la difficile congiuntura economica e l’assenza di idonei incentivi fiscali per la crescita dei settori maggiormente innovativi. Tanto è vero che il Rapporto evidenzia come l’Italia si sia finalmente posizionata al livello dei competitor europei» commenta Roberto Gradnik, Presidente di Assobiotec, l’Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie, che fa parte di Federchimica. «Il potenziale è ancora notevole, come mostra la maggior proporzione di imprese dedicate alle aree green e white rispetto ai principali paesi europei» prosegue Gradnik. «Servono però specifici incentivi fiscali alla ricerca, almeno analoghi a quelli introdotti in numerosi paesi europei per continuare ad alimentare e non tarpare la crescita del settore. E, per farlo in maniera mirata e compatibile con le disponibilità di bilancio del Paese, serve, anche in Italia, il riconoscimento della Giovane Impresa Innovativa, fondamentale per le tante piccole imprese biotech. E, poi, l’emanazione dei Bandi nell’area Scienze della Vita di Industria 2015, che giacciono nel cassetto da molto tempo, e la stabilizzazione della misura del credito d’imposta per le aziende che fanno R&S in Italia».

«C’è un legame indissolubile tra biotech e imprese del farmaco – afferma Sergio Dompé, Presidente di Farmindustria – con effetti positivi su ricerca, sviluppo di nuove competenze, imprenditorialità, occupazione e produzione. E’ anche grazie alle biotecnologie se oggi si possono prevenire e curare un numero crescente di patologie, come quelle tumorali e alcune di quelle rare. Una realtà dinamica e vitale di aziende che ha portato all’identificazione, come rilevato dallo studio, di 233 prodotti biotech in sviluppo, la maggior parte dei quali in fase clinica. Prosegue Dompé: «Il red biotech e la sua rete non producono solo ‘più salute’, ma richiamano anche nuovi investimenti dall’estero. Un’opportunità concreta per il Paese, nell’attuale congiuntura, da sostenere con convinzione attraverso politiche fiscali a favore della R&S e un quadro normativo attento alle molte risorse che fioriscono in Italia nell’ambito delle Scienze della Vita. Fare ricerca di successo è possibile, come dimostra l’indagine. Proprio per questo è necessario avere un contesto più aperto e pronto a cogliere e a seguire le accelerazioni tipiche dell’Economia della Conoscenza».